Una profonda novena da recitare
Tempo fa è stata creata una novena da recitare scritta con le parole e le riflessioni lasciate da Josheph Ratzinger nell’arco del suo pontificato. Da queste parole sono nate delle profonde riflessioni che portano l’anima a qualcosa di meraviglioso; ci aiuta a guardarci dentro, a comprendere il vero e profondo significato della nostra vita, e l’essenziale del Vangelo. Che ne dite, proviamo a recitarla?
L’autrice della novena
L’autrice di questa novena è María Claudia Arboleda, che ci propone nove giorni di riflessione, piccole letture da ciascuna delle tre encicliche di Benedetto XVI. Alla fine di ogni pensiero, si può recitare una preghiera che si dedisera, come il Padre Nostro, Ave Maria o Gloria. L’importante è meditare sulle parole delle encicliche, semplici e al contempo molto profonde.
Ecco la novena da recitare
Giorno 1. Dio è Amore
La prima enciclica del Papa si chiama così. In essa Benedetto XVI ci ricorda le parole del Vangelo di San Giovanni. Dio è amore, e possiamo imbatterci nell’amore di Dio in tutto ciò che ci circonda.
“Abbiamo creduto all’amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, 1).
Pensiamoci per un minuto. Noi cristiano seguiamo una Persona. Una Persona con cui desideriamo avere un rapporto d’amore, perché Lui stesso si è fatto conoscere.
Rendiamoci conto del fatto che non seguiamo una dottrina o delle leggi, ma il Dio vivo. Colui che si è fatto uomo per noi e che vuole farci innamorare. Che vuole avere un rapporto con noi.
Giorno 2. Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato
Un grande amore di Benedetto XVI era Gesù di Nazaret, e per questo ha scritto una splendida opera sulla vita di Gesù che vale la pena di leggere. Oltre ad essere un personaggio storico, Gesù compie la Sua promessa nell’Eucaristia:
“L’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. L’immagine del matrimonio tra Dio e Israele diventa realtà in un modo prima inconcepibile: ciò che era lo stare di fronte a Dio diventa ora, attraverso la partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione al suo corpo e al suo sangue, diventa unione. La « mistica » del Sacramento che si fonda nell’abbassamento di Dio verso di noi è di ben altra portata e conduce ben più in alto di quanto qualsiasi mistico innalzamento dell’uomo potrebbe realizzare” (Deus caritas est, 13).
Oggi prendiamoci il tempo per ringraziare Dio per un dono così grande. Egli si dona, si offre a noi per nutrirci con il Suo corpo e donarci una vita nuova.
Benedetto XVI ha vissuto unito a Gesù in questa mistica sacramentale in cui due diventano una cosa sola nell’Amore, nella Carità.
Giorno 3. Amore, dono e compito
L’amore che Dio è e che ci è stato donato in Gesù attraverso il Battesimo – in cui moriamo alla vita del peccato e nasciamo alla vita della grazia – tende a uscire, a crescere e a donarsi a coloro che ci circondano.
“« L’amore del Cristo ci spinge ». La consapevolezza che in Lui Dio stesso si è donato per noi fino alla morte deve indurci a non vivere più per noi stessi, ma per Lui, e con Lui per gli altri. Chi ama Cristo ama la Chiesa e vuole che essa sia sempre più espressione e strumento dell’amore che da Lui promana” . (Deus caritas est, 33)
Oggi lasciamo che Dio penetri fin nel profondo del nostro cuore, e chiediamogli di aiutarci a vedere come e chi possiamo servire e amare.
Riconosciamo che la nostra vita non è solo per noi, ma è un dono che ci viene dato per donarlo. Chiediamo a Dio di tener conto della dedizione generosa di tutta una vita di Benedetto XVI al servizio Suo e della Sua Chiesa
Giorno 4. La speranza ci è stata data in Cristo
Benedetto XVI ci ricorda che la vera speranza ci è stata comunicata dal Dio incarnato.
Gesù ci ha aperto le porte del Cielo. Ci ha dato la possibilità di ritrovarci con Lui per sempre in Cielo, di arrivare alla nostra vera patria, dalla quale siamo stati espulsi dal peccato e a cui ora torneremo mediante la grazia.
“Il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova” .(Spe salvi, 2)
Chiediamo a Dio di poterlo vedere, di effondere il dono della speranza nei nostri cuori perché, credendo nella Sua Parola, aspettiamo quell’incontro che Egli stesso ci ha promesso e donato in Cristo.
Giorno 5. La fede è la base della speranza
La fede è ciò che rende possibile la speranza. Se crediamo alle promesse di Dio, alla Sua Parola, aspettiamo con fiducia che giungano alla pienezza.
Egli ci ha promesso di rimanere in mezzo a noi e la vita eterna accanto a Lui in Cielo. Se crediamo che non possa né mentire a Se stesso né mentire a noi perché è la Verità, come possiamo diffidare del fatto che verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti per portarci alla gloria definitiva?
“Sarebbe il momento dell’immergersi nell’oceano dell’infinito amore, nel quale il tempo – il prima e il dopo – non esiste più. Possiamo soltanto cercare di pensare che questo momento è la vita in senso pieno, un sempre nuovo immergersi nella vastità dell’essere, mentre siamo semplicemente sopraffatti dalla gioia. Così lo esprime Gesù nel Vangelo di Giovanni: « Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (16,22). Dobbiamo pensare in questa direzione, se vogliamo capire a che cosa mira la speranza cristiana, che cosa aspettiamo dalla fede, dal nostro essere con Cristo” (Spe salvi, 12).
Oggi chiediamo a Dio che Benedetto XVI rallegri il suo cuore per il fatto di aver trovato quello che ha tanto aspettato durante la vita.
Giorno 6. Non ci salviamo da soli
La fede è un dono che si vive con gli altri. Siamo esseri relazionali, e in queste relazioni cresciamo per essere quello che siamo chiamati ad essere – santi come Lui e il Padre sono santi. L’amore è relazione, ed è l’Amore che ci salva.
“Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore. Ciò vale già nell’ambito puramente intramondano. Quando uno nella sua vita fa l’esperienza di un grande amore, quello è un momento di « redenzione » che dà un senso nuovo alla sua vita. Ma ben presto egli si renderà anche conto che l’amore a lui donato non risolve, da solo, il problema della sua vita. È un amore che resta fragile. Può essere distrutto dalla morte. L’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: « Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore » (Rm 8,38-39)” .(Spe salvi, 26)
Chiediamo a Dio di aprire il nostro cuore perché possiamo amare con l’amore che Egli stesso ci dà, perché il mondo sia trasformato dal fuoco purificatore che trasforma tutto.
Giorno 7. Amare qualcuno è volere il suo bene
Pensiamoci un momento. Amare qualcuno non significa essere un suo fan, o un complice. Amare davvero qualcuno è volere il suo bene, e qual è il bene massimo che possiamo desiderare per le persone che amiamo?
Che incontrino l’Amore personificato, Dio stesso, che le ama molto più di quanto possiamo amarle noi.
“L’uomo è stato creato per una realtà grande – per Dio stesso, per essere riempito da Lui. Ma il suo cuore è troppo stretto per la grande realtà che gli è assegnata. Deve essere allargato. « Rinviando [il suo dono], Dio allarga il nostro desiderio; mediante il desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace [di accogliere Lui stesso] ». Agostino rimanda a san Paolo che dice di sé di vivere proteso verso le cose che devono venire (cfr Fil 3,13). Poi usa un’immagine molto bella per descrivere questo processo di allargamento e di preparazione del cuore umano. « Supponi che Dio ti voglia riempire di miele [simbolo della tenerezza di Dio e della sua bontà]. Se tu, però, sei pieno di aceto, dove metterai il miele? » Il vaso, cioè il cuore, deve prima essere allargato e poi pulito: liberato dall’aceto e dal suo sapore” .(Spe salvi, 33)
Pensiamo oggi a cosa c’è nel nostro cuore: aceto o miele? Chiediamo a Dio di donarci un cuore nuovo, un cuore come il Suo, per palpitare all’unisono.
Giorno 8. Verità e carità, un unico Dio
Gesù si è rivelato come “Via, Verità e Vita”, e ci ha detto che Dio è Amore. Dio è Verità, ed è Amore. Cosa significa per noi?
“Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che dà senso e valore alla carità. (…) Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale” .(Caritas in veritate, 3)
Chiediamo a Dio di donarci il desiderio di cercare la Verità con la ragione e un cuore immerso nella carità di Dio, perché, con la verità e l’amore, siamo capaci di comunicare Dio a tutti coloro che ci circondano.
Giorno 9. Preghiera, unione con Dio e fiducia nella Sua Parola
Per essere felici, arrivare in Cielo e contemplare Dio, dobbiamo volerlo vedere, conoscerlo, desiderare che si renda presente nella nostra vita qui e ora. Se amiamo Dio con tutto il nostro cuore, la nostra vita cambierà.
Amarlo significa avere un rapporto con Lui. È questa la relazione che cambierà il mondo.
“Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace”(Caritas in veritate, 79).
Confidate, confidate nel fatto che Dio vi stia ascoltando. Egli sa meglio di noi di cosa abbiamo bisogno. È un Padre buono, ascolta le nostre preghiere e ci dà in base alla Sua volontà, che è perfetta e che desidera più di ogni altra cosa che arriviamo in Cielo e viviamo la festa eterna, in cui ci incontreremo tutti noi che abbiamo aperto la porta e Lo abbiamo fatto entrare, se Gli avremo permesso di essere l’invitato principale di ciascuna delle nostre azioni e Gli avremo dato tutto ciò che siamo e che abbiamo.
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