La Trasverberazione di Padre Pio da Pietrelcina
Era la sera del 5 agosto del 1918. Padre Pio era nella cella n. 5 del convento quando ricevette la grazia della transverberazione, qualche giorno più tardi scrivendo al padre Benedetto, dice: “In forza di obbedienza mi induco a manifestarvi ciò che avvenne in me dal 5 sera a tutto sei del corrente mese(…) Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del cinque, quando tutto d’un tratto fui riempito da un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presentava dinnanzi all’occhio dell’intelligenza. Teneva in mano una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro, con una punta bene affilata e che sembrava che da essa punte che uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza detto arnese sull’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire.
Questo martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del giorno sette. Cosa io soffrii in questo periodo così luttuoso io non so dirlo. (…) Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente.
Non l’è questa una nuova punizione inflittami dalla giustizia divina? Giudicatelo voi quanta verità sia contenuta in questo e se io non ho tutte le ragioni di temere e di essere in una estrema angoscia.”(Epist. I, 1065) Le ferite che si manifestavano sul suo corpo, erano provocate dalla comprensione e dalla partecipazione alla Passione di Cristo. Le piaghe prodotte nell’anima in contemplazione delle opere dell’Incarnazione del Verbo e dei Misteri della Fede, apparivano all’esterno trapassando il cuore, manifestandosi con la trasverberazione, e segnando le mani, i piedi ed il costato con le stimmate.
Scopri di più da Annalisa Colzi
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