Sperare sempre – Barbara Ferrari, 14 anni di vita in “coma”
Sperare sempre
“senza fede non sarei riuscito a fare nulla”
Oggi vi chiedo un impegno concreto: Barbara ha bisogno del nostro aiuto, e noi possiamo aiutarla acquistando il libro dal titolo Sperare sempre – Barbara Ferrari, 14 anni di vita in “coma”.
Chi è Barbara? Barbara è l’unica figlia di Gian Paolo Ferrari, è in coma da diciassette anni in seguito ad un grave incidente avvenuto quando aveva venticinque anni. Barbara è stata sottoposta a numerosi interventi chirurgici di massima specializzazione, eseguiti in gran parte in Austria e in Svizzera da medici preparati e professionali. Ora vive a casa di suo padre e di suo nonno, alimentata con un sondino via enterale – un tubicino installato nella pancia – in un coma vigile, con gli occhi aperti.
Dal giorno del tragico incidente il padre, seppure sfinito, non ha mai smesso di sperare che sua figlia potesse uscire da quel coma e per questo motivo ha trasformato la sua vita. Si è dedicato a sua figlia con grande dedizione e grande amore, senza perdere mai la speranza, anche se questo percorso si è rivelato molto faticoso e costoso. Ora Barbara deve subire una nuova operazione e il padre ci chiede di aiutarlo a reperire i fondi necessari, acquistando questo libro e pubblicizzandolo.
Potrete trovare tutte le informazioni relative al libro Sperare sempre e la storia più dettagliata di Barbara sul sito che vi indico qui sotto.
http://www.aiutatebarbara.org/index.php?option=com_content&view=article&id=15&Itemid=15
Oltre alla lettura del testo Sperare sempre, voglio anche condividere con voi la testimonianza di fede che il signor Gian Paolo ha rilasciato a Giuditta Magnani e che è stata pubblicata sul mensile Medjugorie – La presenza di Maria. Dalle risposte che il padre di Barbara dà alla giornalista ci è dato di capire da chi attinga tanta forza, tanta gioia, tanta speranza e tanta pace, seppure in una situazione umanamente molto pesante.
Gian Paolo, come è iniziato il suo cammino di fede?
Sono in cammino da sempre, ma da quando è successo l’incidente a Barbara la mia fede è aumentata sempre più. La fede è la nostra speranza, la nostra forza. Senza fede non sarei riuscito in questi quindici anni a superare interminabili prove ed eventi di ogni natura, e sempre più duri da sopportare.
Come vive la fede dopo l’incidente?
Sempre allo stesso modo, stando vicino a Barbara e dedicandole tutte le attenzioni e le cure necessarie, amando e tenendo stretta la sua vita nonostante le sofferenze e le fatiche. È una vita che ci è stata donata due volte, con la sua nascita e con la sopravvivenza all’incidente. Vale dunque il doppio, a scapito di chi crede che sia inutile.
In questi anni si è mai chiesto: Perché proprio a noi?
Me lo chiedo tutti i giorni. Si dà per scontato che gli imprevisti spiacevoli debbano sempre succedere agli altri e mai a noi. Fino a quando non succedono proprio a noi… Ho notato come, fino a quel momento, diamo spesso poca importanza al valore della vita. Poi ci immergiamo in essa, gustando ogni attimo, ogni sfumatura. Credo che eventi come quello capitatoci siano la maggior prova della grandezza di Dio, che emerge proprio dalla debolezza in cui l’uomo sprofonderebbe in un attimo se non ci fosse quell’anelito che ci solleva cuore e sguardo verso gli infiniti cieli in cui sconfina la vita terrena.
Come ha vissuto il rapporto con la fede in famiglia?
La mia defunta mamma pregava tutto il giorno. La fede era la sua e, quindi, la nostra ragione di vita. Per quanto mi riguarda, però, ebbi motivo di avere una conversione totale anni fa, mentre mi trovavo a Innsbruck, in mezzo a un monte. Penso che ciò che mi accadde sia però un fatto da proteggere con pudore, per cui non ne parlerò. Da allora so che esistono gli angeli, la Madonna e il buon Dio. Se tutti avessimo anche solo un pochino di fede, il mondo sarebbe migliore.
Barbara era credente?
Certo, era credente come lo sono io. Ecco perché desidero circondarla anche con la preghiera, per rispettare il suo Io, fatto di corpo e di spirito.
Lei ha compiuto il suo primo pellegrinaggio a Medjugorje poco tempo fa. Che effetto le ha fatto?
Come una lavatrice: si entra sporchi e si esce puliti, è una sensazione stupenda. A chi non vi è mai stato consiglio di andarci. Tutto si rinnova quando sali sulla collina, a ogni passo è come se ti cadesse una squama. E alla fine ti ritrovi l’anima nuda, rigenerata da un infinito amore che ti culla.
Ritornerà?
Se è possibile volentieri, ma per ora non posso permettermi il viaggio. Questa prima volta mi è stato regalato dall’associazione Insieme per Cristina (associazione onlus di Bologna che opera a sostegno delle persone in stato vegetativo o di minima coscienza e delle loro famiglie, n.d.r.).
Crede nei miracoli?
Sì…
E per Barbara, sogna il miracolo?
Dio lo ha già fatto il miracolo. Barbara è vicina al suo papà e sono certo che lei mi sente. Barbara è un miracolo di amore per tutti quelli ci circondano e per il suo papà in particolare.
Lei da poco si è avvicinato alla forma più intima di preghiera: l’adorazione eucaristica. Che cosa l’ha portata a questo colloquio con Gesù?
Pensando ogni giorno al male che ci circonda e che ci spaventa; e rispondendo a questo con la pace e la gioia che si riceve nell’adorazione. Dal corpo di Cristo, che ci è donato nella forma più essenziale, il pane, traggo il calore per scaldare il corpo immobile e silenzioso di mia figlia. Un corpo che credo sia un degno tabernacolo del Signore.
Qualcuno l’ha affiancata spiritualmente in questo percorso?
Certo, debbo tutto all’aiuto di alcuni cari amici:innanzitutto a monsignor Fiorenzo Facchini, mio padre spirituale; poi a Gianluigi Poggi, il medico che ha fondato Insieme per Cristina e a don Giulio Gallerani, il sacerdote che mi ha avvicinato a Gesù vivo nell’Eucaristia. E poi ci sono i giovani adoratori del santuario di Gherghenzano, un’oasi di pace: il mio monte Tabor.
Annalisa Colzi
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