Chi sono i puri di cuore
Quando sentiamo parlare di puri di cuore, la prima cosa che ci salta in mente è: sono i vergini, sono coloro che non peccano di lussuria e impurità. Certo sono anche questi, ma sarebbe davvero molto limitato rispondere in questo modo. Gesù parla dei puri di cuore, quando parla delle beatitudini, infatti dice:
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
La purezza sta non solo nel corpo ma soprattutto nel cuore. I puri di cuore sono quelli che non sanno odiare, non sanno provare rancore, non si vendicano. I puri di cuore sono coloro che basta poco per abbracciare chi gli ha fatto del mare Gesù che parla, dunque ogni parola che esce dalla sua bocca è verità. Questa volta ci ha detto tante cose. Consideriamo pertanto una beatitudine alla volta, dando la precedenza alla sesta:
“ Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
La purezza, specialmente ai nostri giorni, è una virtù poco conosciuta, la più trascurata, la più oltraggiata e, tal volta, addirittura anche derisa.
È necessario che la purezza occupi in mezzo al Popolo di Dio il posto che le spetta. La virtù regina della vita cristiana è la carità: amare Dio al di sopra di ogni cosa. La purezza è quella virtù che prepara e dispone il cuore dell’uomo ad amare Dio e il prossimo come devono essere amati.
La purezza è la virtù che regola la condotta dell’uomo di fronte alla vita sessuale e di tutto ciò che sta in rapporto con essa, secondo principi dettati dalla natura umana stessa e, soprattutto, dall’insegnamento di Cristo e della Chiesa. La purezza, per tanto, comprende la castità e la pudicizia.
La castità è quella virtù morale che inclina l’uomo a moderare l’uso e l’appetito della dilettazione venerea secondo le norme della retta ragione.
A questa norma naturale, che regola l’uso della facoltà procreativa entro i limiti del suo fine, si aggiunge, nella fede cristiana, la considerazione della dignità del corpo umano, che, per il Battesimo, è stato elevato a membro di Cristo e tempio dello Spirito Santo (cfr. lCor6, 15-20).
L’oggetto materiale di questa virtù è l’atto ed il piacere sessuale propriamente detto, mentre la pudicizia si riferisce agli atti periferici.
Come ogni virtù, la castità comporta una facilità nell’esercizio dei suoi atti; l’astensione dunque di un uso illecito del piacere sessuale con grandi sforzi, non è ancora la virtù della castità, ma semplicemente continenza.
La castità si divide in perfetta ed imperfetta:
- La castità perfetta è quella nella quale ci si astiene non solo da un uso illegittimo del piacere venereo, ma anche da quello legittimo nel passato e nel presente con il proposito, con o senza voto, di mantenere questo stato anche nel futuro.
- La castità imperfetta è quella nella quale ci si astiene da un uso illegittimo del piacere venereo, senza escludere un uso legittimo sia nel presente, nei coniugi, sia futuro nei fidanzati, sia passato nei vedovi.
La pudicizia è la virtù che inclina l’uomo ad evitare tutte le azioni e cose che offendono il pudore sessuale (viene scambiata anche con la modestia).
Essa ha come oggetto non l’atto sessuale in se stesso che è proprio della castità ma tutte le azioni che hanno con questo una certa affinità, ne formano il complemento, in quanto, per loro natura, tendono ad eccitare commozioni veneree, come sono gli sguardi maliziosi (modestia degli occhi), i baci e gli abbracci sensuali, i discorsi osceni, ecc. Tutti questi atti entrano nella sfera dell’impudicizia e portano facilmente alla lussuria, cioè all’atto sessuale completo che è, come si è detto sopra, oggetto della castità. Per questa ragione la pudicizia non è una virtù distinta dalla castità, ma è la castità applicata a regolare quanto attiene alla periferia del suo proprio oggetto, cioè l’atto sessuale completo.
La verginità, in genere, è l’immunità da ogni peccato contro la castità in passato, al presente e con il proposito di conservare questo stato anche nel futuro, escludendo anche il matrimonio e il suo uso.
Si distingue una triplice verginità:
La verginità puramente fisica è quella della donna che ha conservato l’integrità corporale. Questa ha una relazione soltanto accidentale con la virtù in quanto da essa viene custodita, ma, per sé, la virtù può esserci anche senza verginità fisica (se è andata perduta per cause fuori dell’atto sessuale o contro la volontà e può mancare con essa se è rimasta intatta nonostante l’atto sessuale completo volontario).
La verginità materiale o naturale, quella cioè che fornisce la materia della virtù della verginità, è l’immunità da ogni peccato mortale contro la castità, escludendo anche il matrimonio e il suo uso.
La verginità formale è l’immunità da qualsiasi peccato mortale esterno ed interno contro la castità e cioè contro il 6° ed il 9° comandamento, in un soggetto vergine, nel presente e nel futuro ed esclude anche l’intenzione seria di sposarsi e di usare il matrimonio. Alla verginità formale infatti non si oppone il matrimonio, ma il suo uso; per es. Maria SSma fu sempre vergine anche se sposata.
Si può distinguere ancora un ‘altra triplice verginità: la verginità davanti a Dio, davanti alla Chiesa e davanti agli uomini.
I. La verginità davanti a Dio si perde:
a) nella donna: esternamente, con un qualsiasi peccato mortale contro il 6° comandamento con o senza rottura dell’imene e con l’uso del matrimonio; interna mente, con un qualsiasi peccato mortale contro il 9° comandamento e con l’intenzione di sposarsi e di usare il matrimonio;
b) nell’uomo: esternamente, con un qualsiasi peccato mortale contro il 6° comandamento e con l’uso del matrimonio; internamente, con un qualsiasi peccato mortale contro il 9° comandamento e con l’intenzione di sposarsi e di usare il matrimonio.
Si dice che uno possiede 1’ “Innocenza Battesimale”, quando nella sua vita non commise nessuna colpa grave né con le opere né con i pensieri.
II. La verginità davanti alla Chiesa:
a) La donna rimane vergine finché non è stata violata la sua integrità corporale (o l’imene) con un atto coniugale volontario (o copula).
b) L’uomo rimane vergine finché non ha avuto un rapporto intimo sessuale consumato volontario con una donna (o copula).
III. La verginità davanti agli uomini (cioè quando si può costatare):
a) La donna è vergine solo quando ha conservato l’integrità corporale (o imene).
b) Nell’uomo non è possibile costatare la sua verginità.
5 – La temperanza, è una virtù cardinale che consiste nel moderare, entro i limiti del lecito e nella giusta misura, i nostri istinti verso i piaceri che accompagna no il mangiare e il bere (per la nostra conservazione) e gli atti sessuali (per la conservazione della specie).
L’oggetto primario della temperanza sono i piaceri del gusto e del tatto.
L’oggetto secondario tutti gli atti che hanno qual che connessione con questi piaceri.
2) Chiariti i termini principali relativi a questo tema, passiamo a vedere chi sono i veri puri di cuore della beatitudine evangelica.
1 – Sono puri di cuore del Vangelo, in senso stretto e come viene comunemente inteso, tutti coloro che — uomini e donne — si astengono da qualsiasi specie di peccato sessuale proibito dal 6° e dal 9° comandamento, per amore di Gesù Cristo, Figlio di Dio, per la conquista del Regno dei Cieli.
I veri puri di cuore esercitano la castità e la pudicizia nello stato in cui si trovano (cfr. C.C.C. 1618 – 1620).
Coloro che hanno avuto da Dio il dono di capire la preziosità e la bellezza della purezza, hanno l’accorgi mento di evitare anche le occasioni remote, per sé indifferenti, di trasgredire tale virtù, vivendo nella santa temperanza; non solo, ma usano anche abbondantemente tutti quei mezzi che Gesù ha messo a nostra disposizione: preghiera, uso frequente dei sacra menti, meditazione, mortificazione, vigilanza ecc., per conservare nel proprio essere sempre incontaminata la bella virtù che, a ragione, è stata simboleggiata con il candore del giglio.
Il più alto grado di purezza si ha nella verginità formale davanti a Dio. Ma non è necessario raggiungere il massimo grado per essere puri di cuore. In tutti gli strati sociali lo si può essere: Vescovi, sacerdoti, religiosi, fidanzati, sposati, vedovi, persone non vincolate dal matrimonio; e in tutte le età.
Si deve però qui ricordare quanto insegna, a questo proposito, il Concilio di Trento, il quale afferma: “Lo stato di verginità e di celibato è superiore a quello coniugale: è cosa migliore, infatti, e più felice rimane re nella verginità e nel celibato che unirsi in matrimonio” (Cfr. Conc. Trid., sess. XXIV, can. 10, DS. 980).
A questo riguardo è opportuno tenere presente anche quanto dice Gesù: “I discepoli gli dicono: ‘Se la condizione dell’uomo con la donna è così, non conviene sposarsi’. Ed egli rispose loro: ‘Non tutti comprendono questo linguaggio, ma soltanto coloro ai quali è concesso. Infatti, ci sono degli eunuchi che sono nati così dal seno della madre, e vi sono eunuchi che sono stati evirati dagli uomini, e ci sono eunuchi che si sono resi tali da sé per amore del Regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda!” (Mt. 19, 10-12); è opportuno considerare anche quanto dice S. Paolo (ICor. 7, 25-40).
Si devono inoltre fare altri rilievi. Per appartenere alla categoria dei puri di cuore della beatitudine evangelica, non basta solo la purezza, ma bisogna tenere presente il fine per cui ci si conserva puri: l’amore di Gesù Cristo, riconosciuto Figlio di Dio e la costante tensione al Regno dei Cieli, da possedere, dopo la morte; la contemplazione di Dio, Uno e Trino, per tutta l’eternità.
Non si possono dire veri puri di cuore del Vangelo coloro che si astengono da qualsiasi specie di impurità contro il sesto ed il nono comandamento, perché, essendo anormali, non sentono alcuna inclinazione alla sessualità o perché hanno paura delle malattie o per qualsiasi altro motivo umano e naturale.
Ciò che determina la purezza evangelica è il fine per cui uno si conserva puro e cioè l’amore per Gesù Cristo, Figlio di Dio, per ottenere il Regno dei Cieli, il Paradiso, dopo la morte.
Sono puri di cuore in senso largo, e in una maniera più completa, tutti coloro che si sforzano di conservare la propria anima immune da qualsiasi specie di peccato, cercando di essere fedeli ai propri doveri verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo, assumendo con diligenza gli impegni del proprio stato, evitando qualsiasi forma di falsità e di ipocrisia, mantenendo sempre la trasparenza della propria anima e avendo di mira in tutto solo l’amore di Dio.
2 – Perché il Signore dice “beati i puri di cuore” e non dice “beati i puri di corpo?”
E’ chiaro che con questa espressione Gesù intende una purezza totale e completa di corpo e di spirito: in altre parole Egli chiede la perfetta osservanza del sesto e del nono comandamento e l’esercizio delle altre virtù.
La risposta a questo interrogativo ce la dà Gesù stesso: “Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigia, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose vengono dal di dentro e contaminano l’uomo” (Mc. 7,21).
Abbiamo imparato a conoscere chi sono i puri di cuore del Vangelo: facciamo in modo di essere anche noi tra questi; sforziamoci di raggiungere il grado di purezza più alto possibile, disponendo il nostro spirito all’incondizionato amore di Gesù Cristo, Figlio di Dio: così Egli vuole essere amato.
Percorrendo questo cammino di fede e di amore fattivo, meriteremo di possedere la beatitudine pro messa da Gesù Cristo e di vedere Dio non solo nella manifestazione del suo Creato ma anche e, soprattutto, faccia a faccia, in cielo e per tutta l’eternità.
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