Progetto Porcospini qualcosa non torna
Progetto Porcospini: un aiuto o un danno ai bambini?
Qualche dubbio sul progetto Porcospini in effetti potrebbe essere lecito. Vediamo di cosa si tratta.
Si legge dalla dispensa di presentazione: «Il progetto Porcospini rappresenta una sicura risposta all’emergente e strategico bisogno di un investimento in chiave preventiva, elemento primario di salvaguardia del bambino, da parte degli enti istituzionale. In accordo con le indicazioni dell’OMS il progetto riconosce il ruolo chiave della prevenzione nel contrasto ai fenomeni di abuso e maltrattamento… Il progetto Porcospini si articola attraverso l’applicazione di un modello sperimentato a livello locale, ideato e trattato da Pellai nella pubblicazione “Le parole non dette. Come insegnanti e genitori possono aiutare i bambini a prevenire l’abuso sessuale” … Nel 2012 il progetto ha visto una nuova implementazione sul territorio grazie ad un finanziamento nazionale promosso dal Ministero delle Pari Opportunità».
E fin qui tutto torna. Iniziativa lodevole senza dubbio la prevenzione contro i fenomeni di abuso sessuale e maltrattamenti a danno dei bambini.
La teoria funziona, il concreto lascia alquanto perplessi
Le perplessità sorgono invece quando dalla teoria si passa ai fatti.
Come effettivamente viene esplicitato nelle scuole tale progetto? Attenzione: dobbiamo considerare che ci si rivolge a bambini delle classi di quarta e quinta elementare (9-10 anni).
Il sito www.generazionefamiglia.it, raccogliendo numerose testimonianze di genitori preoccupati, ha approfondito l’argomento. Vediamo quindi in che modo il progetto Porcospini si pone in essere nel concreto.
Leggiamo dal sito: «Attraverso il gioco del semaforo, si insegna ai bambini che esistono “carezze positive” e “carezze negative”. I bambini cioè decidono se il semaforo è giallo, verde o rosso a seconda di chi fa la carezza. I bambini vengono invitati a esplorare il proprio corpo, anche a vicenda, nessuna parte esclusa. Sarà il bambino stesso a decidere da solo che tipo di carezze vorrà, da quale compagno e dove». E chiaramente qui sorgono i primi dubbi. Ricordo che stiamo parlando di bambini di 9-10 anni.
E ancora: «Si auspica, nella scheda di presentazione, che si possa parlare di rapporti sessuali apertamente, e con un linguaggio non necessariamente tecnico, anzi piuttosto esplicito (tanto che in alcune segnalazioni raccontano che i bambini hanno imparato parole come “s*****e”). “Esploreremo qualsiasi argomento esca fuori con i bambini; è accaduto che si sia parlato di pornografia!” racconta chi presenta il progetto ai genitori». Ricordo ancora che parliamo di scuole elementari.
Era proprio necessario?
Ci sarebbe dell’altro, ma qui vorrei fermarmi. Le domande che sorgono sono molteplici. Infatti sempre dal sito ci si domanda: «Davvero pensiamo che questa sia una modalità sana, corretta e rispettosa del bambino? Ma un invito esplicito ad esplorarsi, che avvenga o meno in classe, non minerà il senso di pudore? Davvero pensiamo che un bambino in questa maniera sarà in grado di identificare un abuso? E se chi vuole abusare risultasse simpatico al bambino?».
E ancora: «Davvero i bambini sono equipaggiati per poter padroneggiare questi argomenti senza esserne schiacciati e senza che questo ricada un domani sulle future relazioni sessuali? Così come ci appare fuori luogo la richiesta “Scrivi cose belle e brutte del sesso”. Alle elementari? Ed è davvero necessario usare un linguaggio volgare? Se pur ammettessimo, e la scienza ad oggi non lo ammette ancora, che sia necessario e fruttuoso parlarne, se non li educhiamo al rispetto della propria e altrui dignità, come possiamo pensare di aiutarli a difendersi da eventuali abusi?».
Domande che non fanno una piega.
Anche perché il tutto è nato dalle numerose segnalazioni al sito da parte di genitori preoccupati dalle reazioni dei propri figli dopo aver partecipato al progetto Porcospini. «Mio figlio ha iniziato a simulare rapporti sessuali sotto le coperte»; «Mio figlio presenta un’ansia anticipatoria ogni volta che ci sono adulti, indicandoli ad alta voce come pedofili»; «Mia figlia sembra confusa e verbalizza agitazione su come avviene l’atto sessuale»; «Nei momenti di rabbia grida a me o alla mamma “va’ via pedofilo!”».
Ecco qua il risultato. E adesso come la mettiamo?
Giovanni
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