Quel 24 giugno 1981 io c’ero, ecco cosa accadde
A Medjugorje piovono grazie speciali
ed è tempo di Misericordia
di Annalisa Colzi
Tutto ebbe inizio il 24 giugno 1981.
Quando in un piccolo paese della Bosnia Erzegovina, sei giovani dissero di aver visto la Madonna.
Quel 24 giugno 1981 ben presto sarebbe rimbalzato da un confine all’altro della Terra. E nessuno degli abitanti di Bijakovići si sarebbe mai più dimenticata la data del 24 giugno 1981.
Padre Miro era uno di quegli abitanti. Sono andata ad intervistarlo nella sua parrocchia di Citluk per farmi raccontare che cosa accadde quel giorno.
Vi regalo un anticipo di quella intervista.
Miro Šego nasce a Bijakovići nel 1965. E’ ed uno dei tanti cugini di Vicka. E’ cresciuto con i veggenti. Ricorda perfettamente i primi giorni in cui la Madonna ha fatto irruzione nella vita dei sei giovani ragazzi.
Gli chiedo di raccontarci la sua esperienza al riguardo di quegli anni. E padre Miro inizia a parlare…
Nel 1981 vi erano solo 16 famiglie a Bijakovići, ed essendo così pochi ci conoscevamo tutti. Con Marija Pavlović e Ivan Dragičevic siamo andati a scuola insieme per otto anni. Ogni mattina Ivan veniva a casa mia e insieme ci incamminavamo verso la scuola.
Il 24 giugno 1981, essendo un giorno festivo, ci siamo ritrovati fra noi ragazzi per la solita partita di pallone; anche i due Ivan, che poi hanno visto la Madonna, erano con noi. A Ivan Dragičević piaceva molto giocare a calcio. Non avevamo tanti altri svaghi, se non quella di nasconderci dietro le grosse pietre del Podbrdo per giocare. Ma anche per non farci trovare dai nostri genitori. Altrimenti si sarebbero subito ingegnati per non farci stare con le mani in mano.
La terra su cui avevamo costruito il campetto da calcio era di proprietà della mamma di Jakov Čolo. Quando lei e suo figlio tornarono da Sarajevo gli chiedemmo se ci faceva giocare in quel pezzo di terra.
Jaka ce lo concesse, anche se non con tanta convinzione. Lo fece per farci divertire perché sapeva che per i nostri genitori un pezzetto di terreno era come oro. A quel tempo, infatti, si viveva solo con la coltivazione del tabacco e dei vigneti. Fu davvero molto generosa.
Dicevo, dunque, che quel 24 giugno ci siamo ritrovati per una partita di calcio. Ad un certo punto, sono arrivati i ragazzi più grandi. Ci esortavano a lasciare il campo libero perché volevano giocare loro. Abbiamo cercato di mediare dicendo che potevamo giocare insieme ma non volevano sentire ragioni. Non riuscendo a trovare un accordo, abbiamo smontato le porte per portarle via. Al ripensarci adesso mi viene da ridere. Eravamo così arrabbiati… in fondo avevamo preparato noi il campetto da calcio. Non era stato facile procurarsi il legno per costruire la porta. O meglio, era stato facile perché l’avevamo trafugata al nonno, ma se ci beccavano…
Povero nonno. Ricordo che per far asciugare il tabacco occorreva distenderlo. Lui realizzò uno stenditoio con un albero di circa 4-5 metri.
Ogni volta che io e mio fratello passavamo davanti a questo improvvisato stenditoio ci si illuminava la lampadina. Entrambi pensavamo che sarebbe stata una perfetta traversa per la porta da calcio.
Così, un bel giorno, lo abbiamo preso. Ovviamente all’insaputa del nonno. Lo abbiamo tagliato e per concludere in bellezza lo abbiamo tinto con la vernice rossa.
Così quel 24 giugno con i pezzi della porta sulle spalle ce ne siamo andati…
Tratto dal libro: “Nel segno della Gospa” di Annalisa Colzi, ed. Città Ideale
Scopri di più da Annalisa Colzi
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.