Monte Krizevac: Durante la faticosa salita
Sul monte Krizevac… Pietre rosse, spigolose. Ce ne sono molte, di qua o di là, magari proprio di quelle scartate che Dio usa per confondere i sapienti “architetti”. È risaputo.
Siamo in Bosnia, del resto. Dio avrebbe scelto proprio questa parte della terra come questa parte di umanità e in nessun’altra “evoluzione” vi ha trovato più la stessa dignità, si dice, e si percepisce guardandosi intorno.
Di queste, pietre scartate, popolazioni violentate, un costruttore esperto saprebbe bene che farne adattandole con metodo, incastrandole con facilità nemmeno fossero tasselli di un puzzle, un gioco da tavolo, la testata d’angolo. O magari fossero fatte, queste pietre, di seta e allora come il baco tesse… il sarto ricava e definisce ritagliando. Invece… il mondo non sa che farne e le getta via ritenendole inutili, ma queste non si perdono, si accumulano e formano i monti che il Cielo protegge da sempre con le sue nuvole che come un orizzonte alla vista debole dell’uomo contro le intenzioni del demonio funzionano. Direbbe Annalisa ricordando la recentissima guerra: “Medjugorje sembrava sparire dai radar e non poteva essere colpita.”
Il bordo è rigido. Se si immaginasse il terreno su Marte, forse forse, aiuterebbe a rendere l’idea.
Su questo scenario, svelato lentamente da poca luce timida, si scoprono le pose dei soldati in devota riverenza, in azione.
Un cenno appena, un battito di ciglia, e proprio come riconoscendo la voce autorevole del proprio comandante le giovani reclute sono devotamente attente, chine, ferme. Obbediscono!
Quella giovane luce affacciandosi concede questo e quell’altro dettaglio ed è come fosse già intuìto. E in effetti, come le pietre sono rosse anche le foglie son verdi. “Alcuni fiori sono molto rari qui, sapete… ” Direbbe così una di loro, una soldatessa, concedendosi la compagnia, per tutta la via, di un bocciolo destinato a fiorire per poi passare di mano in mano come un testimone o una decorazione.
“Pare una scalata extraterrestre… Anzi, degni scenari grotteschi come estrapolati da una fiaba medioevale.” direbbe così un eroe scalzo, uno di loro.
Forse la levataccia, nel cuore della notte, stupisce le menti come la rivelazione di un sogno nell’arco del giorno, poiché anche una persona normalissima che scendesse invece di salire e che facesse capolino improvvisamente dalla penombra, potrebbe non essere reale. “Certamente il filo logico del reale, per chi ha dormito pochissimo, è solo velato come supporre ciò che è nascosto dal buio…” direbbe ancora una di loro.
È l’ultima tappa lungo la Via della Croce. Si procede sotto una tenda di stelle e il grosso dovrebbe essere già stato fatto. Certamente la marcia ha smussato gli angoli della mente dei partecipanti incanalandoli per seguire il ritmo per l’ultimo atto come un uccellino che si prepari per il lancio del suo primo volo.
La formazione scala in perfetta disposizione, infatti.
Chi addestrato come un militare vero già-cinto da tale onore ha difeso il gruppo serrando i ranghi spontaneamente. Chi lo ha capeggiato facendosi lanterna. Chi, con tanto di chitarra in spalla e torcia alla mano, ha composto il corpo del battaglione, delineando il biscione umano con un’illuminazione artificiale ma occorrente. Una processione di fiammelle.
L’obbiettivo è l’alba, vero, come quella di ogni essere vivente ma è solo la metaforica meta, per un sapiens, prevedibile motivazione come l’incentivo a levarsi presto per scattar qualche foto ricordo, che ben altro si va rivelando. “È una verità che esploderà nelle menti a distanza perché per prima agirà nel ventre come un sentimento. Luce di una stella che si rivela a suo tempo; e poco importa che sia ancora accesa o spenta, viva o moribonda, ma importa che illumini e sia. E a noi basterà, finalmente, quando ci sorriderà una volta la Beata Vergine Maria; poiché anche un solo suo sospiro, quando per un’anima intercede, fa tremare tutti e tutto, compreso quello che di più La detesta e La teme, dirà poi una di loro, scendendo, una di quelle personalità molto pacate e timide ma potenzialmente fortissime in battaglia.
Don Michele altresì sta chino, forse più di tutti gli altri, è lui che guida. Normalmente con una mano combatte e si difende, con l’altra costruisce qualcosa e confessa. Con un occhio guarda e schiva le cose del mondo e con l’altro medita il Cielo, come gli è stato insegnato, ma ora sembra quieto, devoto.
A lui, dunque, le redini del carro militante umanoide che visto da su, e poi se da giù si guardasse in su, come un gioco di lumi fra cielo e terra, parrebbe disegnato come lo specchierebbe l’acqua convogliando a simile posizione tappa dopo tappa. Perché quelle sette stelle, in scala esageratamente maggiore, ne compongono uno celeste onestamente più brillante che non aspetta altro se non di essere imitato per farsi una sola cosa, in cielo e così finalmente anche in terra proprio come il desiderio più intimo nel Cuore di Cristo. Il Gran Carro astrologico si riconosce in essi e si compiace accompagnandoli, per la maggior Gloria di Colui che traina veramente ed è il motore anche di quelle, che muove tutto compresa la stessa piccola carovana sottostante.
Così come mossa da quel motore e quella ispirazione, Annalisa, una dei generali in comando, che, come strizzando l’occhio allo stesso Signore per mezzo di Don Michele, intuendone la fertilità del gruppo ha indicato di guidare come un gregge. Ecco, sono come pecorelle da pascere, citerebbe lei.
Si dubiterebbe, da ora in poi, ma non molto a lungo dopo aver assaggiato le dolci premesse di astri e carretti e per giunta ad occhi aperti. Difatti ora sembrano quasi armati, questi pellegrini destinati, muniti di ali svelate appena dalla Prima Luce del giorno che rivela il minuscolo persino della polvere ceduta dalle stelle. Ma non è giorno ancora e dunque sono chine, dedite fiamme amanti affamate di quella grazia che davvero gli angeli sazia e gli esuberanti addomestica. Proprio perché in ginocchio, umanamente parlando, e dal basso si acquista la proprietà del volo per mezzo della forza della spinta della pace e della giustizia; della carità e della comunione. L’umiltà e la speranza che ci si meriti che il sole sorga ancora poiché un giorno potrebbe voler non farlo.
Don Michele si impone con fare maestoso, “Ih guarda, c’è Grande Puffo” direbbe uno di loro scherzando; “Un gigante col tocco di un fanciullo nel trattare con cura la legittima verità cristiana”, direbbe invece uno di loro un po’ più seriamente.
Michele parla e l’equilibrio della stabilità terrestre, addirittura, pare mortificarsi quasi tremasse la terra stessa perché risuonano le parole del Santo Dio, Santo forte…, e tutto intorno tace quando ci si appella alla Parola del Santo immortale.
I pellegrini, come avendole avute da sempre sottopelle, sanno come e piegano le proprie, appena rinvenute, ali come le loro intenzioni fuggendo via con l’intelletto istintivamente. Il Don lo sa, lo avverte chiaramente sentendo la meta, mantenendo la calma, e attende di accordarsi al beato canto finché “Talità Kum” dice e pare introdursi nel tutto con la pronuncia di quelle parole che vanno spedite, come una crociata, a riprendersi gli spiriti, come il Figlio di Dio, primo soldato fra tutti i soldati, una volta fece.
Le parti di ogni membro, ali comprese, sono richiamate all’immobilità per non distrarsi. Questo funziona ascoltando quel preciso ordine di Cristo che riportò a sé, all’ordine, la piccola figlia di Giairo, dormiente, raggiungendola ovunque si fosse smarrita, allora come ora.
La voce risuona potente e il soldato, nonostante appaia fisicamente passivo, riprende vigore e coscienza e non sembra più poi tanto artificio delle torce se con le stelle, ora, si contende modestamente la luce nonostante rimanga immobile e a mani giunte.
“Sostenete il vostro comandante Gesù Cristo …”, il Don sta parlando. Potrebbe aver spiegato le proprie di ali ma non sarebbe possibile descrivere la scena a parole poiché riempirebbe e supererebbe qualunque intelletto lo spazio e la larghezza alare di un uomo di Dio, bisogna appellarsi alla fantasia.
“senza la Sua Passione non ci sarebbe stato più niente che infiammasse il cuore, niente di niente, nessuna battaglia. Già non vi era rimasto più niente per cui lottare. La vita non valeva niente. Nessuna famiglia, nessun valore… ma sulla Sua parola Pietro gettò le reti ugualmente dove credeva non ci fosse più niente da ottenere pescando.
Don Michele riflette un istante oscillando su sé stesso con solito fare e poi…
Senza di Lui non potremmo pregare ripetendo le parole da Lui stesso pronunciate, un dì, per la prima volta sulla terra. Comunicarci a Lui con i gesti tramandatici di generazione in generazione, facendo così che venga ogni volta a noi miracolosamente. Rendetevene conto.
Non avremmo compreso l´amore incondizionato, la Sua Passione per carità e in questa, interprete chi assassina, la crudele e misera espressione del riflesso decaduto del genere umano lontano anni luce da “immagine e somiglianza” di Dio, allora come ora. Il Dolore di Maria e la Sua Fede, Lei che è l’ideale perfetto di creatura secondo l´intelletto di Dio.
Per questa Verità scomoda… la verità è sempre scomoda, noi lottiamo e lo faremo, come direbbe San Giovanni Paolo II, anche tornassimo a essere in dodici un’altra volta.
La Comunione dei Santi, i Sacramenti, tutto viene con Lui. Viene con Lui il Vangelo, il suono delle campane, l’amore per il prossimo. Cercate nel prossimo Lui, alleandovi, perché siate voi, in Lui, un solo esercito, una sola cosa, la luce di una sola stella che fa la propria parte nel dipinto del cielo.
Leva gli occhi, il Don, invocandoLo a due mani in cerca di vittoria.
La sofferenza in amore vi tiene incollati alla preghiera e al Cielo, la Croce è la vostra spada. Approfittatene invece di soffocarla nascondendola perché è di questo tempo portarla visti i tempi.
Accettatela perché a ogni giorno basta la sua pena e senza stancarsi non si raccoglie nulla e tanto meno si semina.
Se mangiate, pregate. Se vi innamorate, pregate, ringraziate. Se lavorate, pregate. Pregate perché senza di Lui non potete essere nulla, null’altro che membra senza un capo consapevole.
Dominatevi. Anche quando parlate, come quando pregate e vi imponete composti, dominatevi, regolatevi!
Siate alchimisti di energie, di vita, e non di materia che finite per attirare finendo voi stessi soffocati da essa. Non cercate di trasformare le pietre in oro perché ce né tanto nell’universo e non vi servirà a nulla. Ma il vizio in virtù, la sofferenza in gioia e questa in preghiera. Trasformate piuttosto il male in bene perché questo è il vostro tesoro e dove sarà il vostro tesoro ci saranno anche i vostri desideri con il vostro cuore. Se è impossibile smettere di pensare, distrarsi rischiando di compromettervi all’ira, alla vendetta, allora diventate coraggio e benedite in nome del Signore i vostri pensieri, armateli, e mandateli a portare la pace. Fidatevi di Gesù Cristo, soldati, e lasciate che germogli in voi l’idea dell’unica Via, la più stretta.
Che prenda e che fiorisca con voi. Specialmente quando il mondo rema contro, confonde, non vuole che preghiate, voi, pecorelle mie, remate più forte, pregate più forte fino a spezzare l’illusione, e allora vedrete il Signore e il Suo piano nitidamente, perché è Risorto, Vince e Risorge2!
Medita il Don adesso, rimettendosi nuovamente in attesa stuzzicandosi il pizzetto e la mente, studiando nella penombra alcuni ricordi. Quindi esplode di nuovo come una molla che salta o come un’idea che giunge improvvisa…
E allora perché ti scoraggi, figlio mio? Non sai, forse, che io posso ogni cosa? Dov’è la fede? Io sono qui, accanto a te… Ti sto tenendo per mano!
Tu sei mio!
Non temere!
Sono proprio io!… direbbe il Signore.
Dice rivolgendosi ai suoi piccoli ritornando momentaneamente a loro con lo sguardo, su ognuno di loro. Persino mimandoci su, su un fatto ovvio, che il Signore sia presente in ogni dove poiché è vita, per valorizzare il concetto portandosi poi la mano sul cuore…
Quindi, miei piccoli Puffi, fate ciò che non volete se vi è suggerito dai vizi perché non sapete cosa sia giusto o meno in assenza della luce nelle vostre menti che può provenire solo da Dio. OffriteGli la vostra volontà e Lui ne farà tesoro veramente. Dite, date, il vostro piccolo SI al Signore. Maria, la Gran Madre di Dio, con il Suo SI recuperò le nostre anime e il genere umano come fa oggi e ora. Non vi era persona più giusta sulla terra. Solo Lei poteva e disse SI, disse SI tre volte, con il cuore, con l’anima e con la mente. Adesso, allora e ora!
Con i vostri sorrisi dite SI. Con le vostre preoccupazioni dite SI. Per Lei e con Lei esultarono di gioia gli Angeli del Cielo che aspettavano con trepidazione la nostra salvezza. Così fate voi e lasciateLi gioire secondo la volontà di Dio. Fidatevi del Signore!
Soffia don Michele ritornando su un ginocchio col fare di un cavaliere. Si segna per intero lentamente, come un solfeggio che taglia l’aria e diventa musica. In questo modo pare diventare un’azione compiuta e visibile a chi osserva, la Croce anteposta all’uomo, uno scudo, la sua spada.
Un’eco, forse uno scherzo del vento e pare udirsi… Amali tutti!… Il Don assimila e riprende.
Maria è qui per guardarvi le spalle in battaglia, è il vostro stendardo, e con Lei vicina nessun demone oserà neppure sfiorarvi se in Lei vi rifugerete per curare le vostre ferite e le ammaccature delle vostre armature… siamo in guerra!
Siamo in guerra? Ripete a sé stesso don Michele trattenendo il fiato e…
… e allora affrontate il nemico.
Questa volta scaccialo Eva, zittiscilo!
Sopportalo anche se devi ma allontanati dal suo specchiarsi di ego in te stessa. A Dio piacendo, e in nome di Gesù e Maria difendi i tuoi figli imitando la Loro condotta nel donarsi!
E tu Adamo non nasconderti, ma fa l’uomo. Fallo con la forza di un bufalo e la devozione di San Giuseppe, aiutala a combattere e a vincere in nome di San Michele Arcangelo.
Cedi uomo, creatura stupenda, il metodo del tuo passo scellerato al tempo che Dio, fattore della stessa creazione stupenda, vuol dettarti secondo la tua capacità di camminare poiché proprio Lui ti ha voluto in piedi.
Sei… sei un incredibile esploratore, sempre alla ricerca dell’amore di mamma e di papà che credi non ti sia stato abbastanza dato, in ogni tua missione e per questo sbandi e fremi, non ti soffermi e non focalizzi che invece sei amatissimo là dove stai e sin da quando sei. Gridi aiuto componendo versi che i grandi non comprendono e che in molti casi nemmeno ascoltano. Ti ribelli e ti agiti gridando contro il cielo per paura di non riuscire a crescere; quando per la Mamma di ogni mamma sei ancora un cocciuto adolescente desideroso di imparare ad amare come nessuno sa spiegarti e allora… ascoltaLa!
Tocca le piaghe del Signore e ringrazia Iddio che ne sei ancora sensibile nonostante la condotta scellerata dei nostri avi. Prega per essere in grazia di Dio e prega di più affinché ti ci mantenga. Se non lo sei, se non lo siete, che Dio vi ci ponga3. Ma per l’amor di Dio convertiti… convertitevi per l’amor di Dio!
Don Michele si lascia andare vinto dal suo carisma con un inchino a testa bassa sospirando il suo Amen che ha il suono e la forza intellettiva di un incantesimo, su loro e sullo spazio intorno a loro e con lui tutto si quieta in pace.
… E nel silenzio…
Proprio come esser stata plasmata nuovamente questa lingua, la Parola “Talità Kum” ti acciuffa e ti riporta indietro dal tuo deserto o dal dovunque spalancandoti finalmente gli occhi sul mondo come divenissi una sentinella del tuo stesso essere e del tuo stesso esercito. Il soldato, ora, è vigile. L’affiliato, il combattente vede, perché cerca, gli occhi provati del suo vicino generare quel sentimento di comunione amando tutti e tutto. Ha visto la Beata Vergine Maria pregare per gli assassini di Suo Figlio mentre veniva ammazzato. “Madre, faccio tutte le cose nuove!”5, crede a un certo punto di aver udito il pellegrino, forse nel vento, e si commuove pensando a Gesù innocente sotto il peso dei peccati del mondo, La Croce.
Ora sì che le spade sono appuntite. L’anima si è armata di pietà e difenderà suo fratello come sé stessa. Lo aiuterà nella salita e nella discesa. Nella veglia e nel sogno sarà con lui e lo sosterrà. Pregando per lui, poi per la sua famiglia. Per la sua comunità, per la sua Nazione e così via per il mondo intero. “ l’ Italia chiamò, per questo siamo pronti alla morte e non a caso ciò vien cantato nel mitico inno. E allora siam qui perché Maria chi-amò, per noi e per chi chi-amerà… Roma Cristiana resisterà!”
Medita di formulare uno di loro baciando il tricolore sulla maglietta prima di mettersi sugli attenti per riprendere la marcia, ma non riuscirà a dir poi nulla.
È l’ultimo atto, poi la Croce Bianca.
La voce del Don si dissolve nel vento leggerissimo. Il pellegrino è invitato a rimettersi in piedi. Gesù ha seminato, lasciandosi inchiodare, rispondendo al male con un’azione d’amore devastante, soffrendo senza averne colpa e senza mai dire basta per amor del piano di Dio Padre, e ora il Suo esercito è pronto a riprendere il cammino e a sostenerLo essendoci. Il vento ancora una volta si leva, rimane celato il suo linguaggio ma pare, per un istante, che Lui aliti su di loro ancora una volta.
Non sai che ti aspetta ma ti fidi, finalmente ti fidi. Ti senti come se in passato avessi già lasciato qualcosa dove stai per giungere, pur non essendoci mai stato. E ti fidi, eccome se ti fidi, poiché ti sembra di non conoscere più niente se non Cristo, solo Cristo ti è chiaro, come se Lo avessi avuto davanti vivo e immolato, reale, per davvero stanco e ancora fortissimo. Questo lo capivi già a sette anni ma ora…
Ora porti con te un sassolino raccolto appena in tempo giù, come ti è stato suggerito da un estraneo. Scacciando l’orgoglio lo hai raccolto e ti sei fidato, ma ora pesa. Un fardello, un pezzo della tua storia, un fermaglio, una spilla, una cosa qualunque… un peccato. Ora pesa, anche la più piccola omissione pesa ed è abominevole.
… Un libro, una promessa, la cosa più fragile. Adesso la tua anima si riconosce preziosa come una gemma e luccica vitale accumulando la forza del peso e della fatica. Ti volgi indietro addirittura sereno sapendoti avvolto e sorretto dal mantello di Maria: la strada percorsa è tanta.
Lei ti invita a offrire le tue angosce di una vita, addirittura se la vedrebbe Lei stessa. Tu devi solo lasciare quel sassolino che pesa sullo stomaco da sempre, quel nodo da sciogliere.
Così sarai capace d’alchimia veramente, ma da un sasso non pretenderai oro zecchino e ricchezza, bensì perdono, pace e amore di Dio per chiunque. “Pregate per chi non conosce l´amore di Dio”, sembra suggerire il vento in quel punto, appena nei pressi del masso che sostenne l’ascesa del buon Padre Slawko.
Ancora pochi metri e… e invece un dubbio, una macchia. Qualcosa si avventa improvvisamente, su ognuno a suo modo, per farsi comprendere e masticare come pane avvelenato per i denti di ciascuno. Viscida e bavosa membrana, la tua è presunzione, allontanati!… è qualcosa che parla benissimo la tua lingua. Ma il vento comincia a soffiare di nuovo e più forte con la potenza d’impatto di un battaglione motivatissimo dopo il memorabile discorso del più leale dei comandanti per investire il nemico schiantandolo come la risposta immediata della Grazia.
Ma la controparte prova ancora e tenta, sfianca e pressa mentre il soffio improvviso spinge. Lei ti aspetta e lo sai.
“Aspetta me? “ Ti domandi, e la risposta è nel vento, ti pare, ma non ne comprendi il come, non ancora.
È il cuore che batte e battendo alimenta ogni salita, pochi metri ancora, poi l’alba. La formazione è compatta.
Serrate sono le fila che respingono tutto come un muro da ogni attacco: uno è per tutti nella preghiera e sono affiatatissimi come stretti a coorte.
“Lo spirito si riposerà, lassù”, ti viene suggerito ma non sai comprenderlo, niente da fare, non ancora, ma intanto sei là e la difesa funziona, la fortezza continua a respingere gli attacchi della folgore del dubbio come le nuvole su quei monti, già una volta.
Ecco di nuovo, il vento. Ti volti, soffia ancora. Quella folata anomala, decisa, fortissima. Veramente un’unica fra tante affinché proprio questa rimanga impressa e ti pare… ti pare di aver udito “SEGUIMI!”… riconoscendo Lei e, come fu per Dante, trema ogni goccia del tuo sangue.
Tremerà di più quando poi, un giorno scoprirai che; “ il vento è il Mio segno. Io verrò nel vento. Quando il vento soffia sappiate che io sono con voi… sono con voi nel vento. Non abbiate paura.” Messaggio del 15 febbraio 1984 della Regina della Pace.
Conclusione
Ecco, Medjugorje è come tornare a casa, una festa di compleanno gioiosa in onore di ogni pecorella smarrita e ritrovata.
“Non chiamarti povera poiché tu possiedi me”, si udirebbe nel vento.Presso la Regina della Pace tutto ciò è tangibile, come tutte quelle sfumature del caso, e come lo saranno di un ritorno a casa le belle e vivaci pitture di albe o tramonti che punzecchiano l’interno dell’io, come per ricordarti che nessuna di queste è lasciata in mano al semplice caso, come te… e come ogni volta che soffierà il vento, poi, a casa, e ti volterai a cercarLa.
Così sono stato guardiano di mio fratello a Medjugorje e ho compreso il motivo per cui la vera pace mette in crisi l’intero sistema del delirio del mondo. L’umiltà conta e l’amore non si perde ma sempre ritorna. Tutti lo sanno ma se ne dimanticano. Direbbe infine uno di loro, un soldato, dedicando tutto questo al gruppo che, per il 38mo Anniversario delle Apparizioni di Medjugorje, con l’Esercito di Maria capitanato da Annalisa, Stefano e Don Michele ha scalato uno di quei monti fatti da un mucchio di pietre scartate e ora schierate come i granelli di un Rosario e che diventano giorno dopo giorno testata d’angolo e abbattono la superbia di Golia col solo aiuto di una fionda…
… Si ok, tutto molto bello ma soprattutto… è reale? Direbbe infine uno di loro, ancora con la chitarra in spalla fermandosi come sorpreso da un dilemma improvviso in pieno giorno sulla via del ritorno di una strada di campagna. Mentre il suo compagno risponderebbe, calandosi gli occhiali da sole sfinito dal sonno e rivolgendosi al gruppo rimasto impalato temendo il momento drammatico…
… se tutto ciò è reale e noi siamo i Puffi di Grande Puffo, coi gatti, la santa-guida e quant’altro al seguito, ditemi… che fine ha fatto allora Gargamella?
di Frank e Watson
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