L’amore vince tutto
L’amore è sempre un rischio
ma l’amore vince tutto
Papa Francesco ha nominato il Cardinal Montenegro membro della XIV Assemblea del Sinodo dei vescovi. Per conoscerlo meglio vi invio questa bellissima intervista che Ania fece al Cardinale Montenegro il 12 marzo del 2015 pubblicata sul quotidiano La Croce.
di Ania Goledzinowska
Don Franco Montenegro è il Cardinale degli ultimi, dei poveri, degli immigrati e dei giovani lavoratori della Caritas. E’ il presidente della Commissione episcopale della Conferenza episcopale italiana per le migrazioni. Era il lontano 2011 quando lo conobbi in occasione di “Giovani in Festa” nella sua diocesi di Agrigento dove è vescovo.
Mi colpì subito, non si sedeva sulla poltrona del vescovo ma per terra con i ragazzi; non aveva la croce d’oro sul petto ma di legno, come anche il suo bastone fatti del legno della barca naufragata anni prima carica di emigranti in cerca di una vita migliore. Girava con il motorino senza un porta borse o con una macchina sgangherata presentandosi senza avviso nelle parrocchie per celebrare le messe. Se gli capitava un parroco africano, lui vestiva casule colorate, come quelle che solitamente usano i sacerdoti di colore, per farlo sentire a casa. Inoltre ha recentemente negato il funerale ha un boss mafioso. E mi ricorda “Chi mi chiama cardinale, non gli do appuntamenti e non lo saluto neanche, io sono don Franco”.
Molte volte essere fedeli alla Verità vuol dire morire sulla Croce. Questi esempi forti di coloro che danno la propria vita per il Vangelo oggi ci toccano nel profondo. Ma Dio è Dio di tutti, crede che sia arrivato il momento in cui tutte le religioni si dovrebbero unire per pregare un unico Dio dell’ Amore per la pace del mondo?
“Io ritengo di si, perché Dio non divide mai, Dio unisce, allora dobbiamo essere capaci di fare spazio a Lui. Noi abbiamo avuto anche una piccola esperienza a Lampedusa, dove ricordando il primo l’anniversario della morte di 360 persone nel naufragio, ci siamo ritrovati insieme ai rappresentanti di più religioni, da quella giapponese a quella ortodossa, da quella cattolica a quella mussulmana a pregare insieme. E’ stato un momento di vera pace. E ci siamo accorti come senza porci i grandi interrogativi, si poteva stare insieme. La forza qual’è stata? Il povero che riuscito ad unirci, l’emigrato e Dio. Noi ci rivolgevamo a Lui con le nostre parole, ma io credo che in quel momento è Lui che ha parlato parecchio al cuore di ognuno di noi, siamo tornati a casa tutti col il cuore pieno di pace”.
In effetti la fede non dovrebbe dividere..
“Ma non può dividere, allora Dio non avrebbe senso, un Dio che divide che rompe è un Dio che non può trovare posto. Noi dobbiamo guardare il Dio che parla dell’amore, dice addirittura di amare i nostri nemici, di porgere l’altra guancia. E l’amore è sempre un rischio. Ma anche nella Bibbia si legge che l’amore vince tutto!”
Tra qualche mese torna il Sinodo sulla Famiglia dove si parlerà dei divorziati, conviventi ecc. Ad oggi le persone sono molto disorientate, non c’è chiarezza. Avremo finalmente risposte chiare?
“Credo di si, d’altra parte è un cammino. Io credo che adesso ci troviamo in un momento come quando in una casa entrano gli operai e mettono su un cantiere, quando c’è il cantiere non si capisce niente. Anche il padrone di casa si sente estraneo, non sa dove mettere le mani. Però, piano piano che il cantiere va avanti ecco che si incomincia a vedere e a delineare. Credo che anche l’atteggiamento del Papa, di ascoltare la voce di tanti, diventa un gesto di carità importante perché e nell’ ascolto che noi possiamo individuare qual è la verità e qual è la realtà che ci circonda.
I principi non possono cambiare, i principi restano e sono validi. Non si può cambiare il Vangelo a proprio uso e consumo. Però l’ascolto di chi soffre, di chi è in una particolare situazione diventa necessario, Gesù fece questo. Gesù andò anche a casa di gente di malaffare. E ascoltandoli, standogli accanto, ruppe i cuori. La professione di Zaccheo è stata “Senti mi sono accorto che ho rubato e forse bene che cambi vita” ma questo perché avvenne? Perché Gesù stette con lui. Non si fermò alla soglia solo perché questa era la casa del peccatore ma entrò dentro e stette con lui.”
Quindi l’Amore è la risposta?
“Si, ma non come lo concepisce il mondo, come la donna che gli lavò i piedi per esempio. Lui ebbe parole di amore per lei, di benevolenza e gli ha chiesto di vivere diversamente l’amore, non come l’aveva vissuto sino all’ora. Questa donna dell’amore ne aveva fatto il suo pallino però l’aveva vissuto male e l’incontro con il Signore la cambia così capisce il vero significato dell’amore che sta nel dare e donarsi e non nel pretendere e rivendicare.
Le persone risposate con i figli oggi hanno un solo modo per prendere la comunione ed é chiedere l’annullamento alla Sacra Rota che valuta se il precedente matrimonio è nullo, cioè che non è mai esistito?
“Ora come ora si. La Chiesa però dice di essere accoglienti. Mi è capitato di trovare tante coppie in questa situazione e gli ho sempre detto; non sentitevi fuori, avete la parola di Dio che vi deve aiutare a portare la luce nella vostra vita a capire davvero, a confrontarvi con Dio. Questo è un cammino che poi ci illumina a fare delle scelte. “
Ci sono sacerdoti che dicono che si può e danno la comunione ai divorziati, alcuni addirittura consigliano di rifarsi una famiglia e ci sono altri che sostengono il contrario. Troppa confusione. Un sacerdote mi ha detto che se c’è una persona ritenuta dal proprio confessore “valida nella fede, praticante, in cammino”, anche se vive una situazione irregolare, la chiesa permette di dargli la comunione, ma separatamente, non davanti a tutti per non creare lo scandalo. E’ la verità?
“Non c’e nessuna cosa scritta al riguardo che ci dice di fare cosi. C’è un rapporto personale con la persona che può vivere una situazione particolare, nel discernimento un prete può valutare. E nell’incontro con le persone cercare ciò che giusto e ciò che in quel momento richiede la carità e la fedeltà a Dio.”
Quindi va valutato caso per caso?
“Si ci sono dei casi particolari. Alcune volte ti trovi davanti alle persone che hanno dovuto subire il divorzio e che fai? Io lavorando alla Caritas, mi sono trovato con tante donne abbandonate con i figli che si sono dovute risposare e che mi hanno detto “altrimenti io non potrei mangiare, non potrei vivere, non potrei dare il necessario ai miei figli”.
Sposarsi per questi motivi non è molto…( il cardinale mi interrompe)
“Infatti, ma alcune volte diventa necessità (es. per l’amore dei figli ndr) per molte donne che sfrattate vivono per strada, trovare un uomo che le accolga con il figlio “è una salvezza”, tu non puoi subito dire “Hai sbagliato”. Il principio è “tu non puoi farlo”, noi non diciamo, brava hai fatto bene. E chiaro che si torna nella situazione che non è quella migliore, quella giusta, però anche la comprensione è importante.”
Quindi bisogna prima accogliere, ascoltare e poi guidarli?
“Si, guidarli e vedere, è un lavoro lungo, ma non puoi escluderli. Io credo che nel Vangelo se c’è una parola che non appare mai e quella di escludere qualcuno. E’ il Vangelo che ci dice di metterci dalla parte dei poveri. Povero oggi non è soltanto quello che ha la “pezza alla giacca” il povero è anche quello che soffre e vive una situazione particolare dove non riesce ad essere il “padrone” della sua vita come vorrebbe.”
La chiesa non parla quasi più di castità. Anche nei rapporti irregolari, se c’e la castità, è concesso prendere la comunione, ma nessuno glielo dice. Lo stesso per i giovani, tanti non ne hanno mai sentito parlare, pensano che sia una cosa antica, che non si usi più. La vita casta allora è un imposizione moralistica della chiesa o è la via che Gesù ci indica per costruire rapporti veri e duraturi non basati soltanto sulla passione, che terminano dopo qualche anno, ma che possono durare per sempre?
“Le cose imposte non reggono, parlare di castità è parlare anche di amore. Un amore imposto diventa un inferno. La castità è quella scoperta che poi diventa scelta che mi fa capire che una vita può essere donata. E’ che all’amore, gli posso dare anche uno spessore, che si conclude in un si bello e pieno. (sposandosi ndr.)
Mi vengono in mente due ragazzi che sono venuti da me quando ancora ero parroco. E così parlando lui mi disse “ sa, io ho voglia di far l’amore con la mia ragazza, anche lei di far l’amore con me; però noi avendo scelto di camminare con il Signore, ci diciamo solo questo desiderio. E abbiamo scoperto che dirci questo é dare di più, che se avessimo consumando il rapporto subito”. Allora la castità vissuta così non è mortificarsi ma è proprio vivificarsi e vivificare l’altro e scoprire che c’è nell’amore sempre un gradino in più, che se lo raggiungo, mi riempie. A me questi due ragazzi mi hanno aiutato a capire.
Certo, perché non deve essere un castigo..
“No, assolutamente, perche se io dovessi vivere la legge di Dio come castigo, Dio stesso mi diventerebbe pesante. Loro hanno saputo tradurlo in dono. E la castità è dono.”
Anche le persone omosessuali oggi si sentono esclusi dalla chiesa, la chiesa come abbiamo già detto non è contro nessuno ma per la famiglia, l’amore, l’accompagnamento e l’accoglienza. Un omosessuale che vive castamente può tranquillamente accostarsi alla comunione offrendo tutto come una croce in dono per gli altri. Amare non è peccato; ma se sei etero o omo e vivi la tua sessualità nel modo disordinato sei un peccatore. Vale per tutti. Ci vuole il sacramento (matrimoni ndr.). Questo per le persone dello stesso sesso non sarà mai possibile. Allora che modo possiamo adottare perché non si sentano esclusi?
Credo che ci sia quello dell’ accoglienza ed anche qua c’è un discorso personale perché è da vedere se l’omosessualità è frutto soltanto della mancanza di valori, alcune volte può essere un gioco della natura, allora caso per caso tento di vedere e come dico anche a una persona sposata – tu non puoi andare con altre donne e devi cercare di migliorare la tua vita e di impostarla nella maniera più serena e più di donazione- ecco anche alla persona omosessuale io potrei fare lo stesso discorso.
Però non tutti sono preparati a questi temi, esistono in chiesa delle realtà di aiuto per questo tipo di situazioni?
Io credo che oggi si sia più preparati di prima. Prima, di queste situazioni, non se ne parlava. Allora non essendoci il problema o essendoci ma non interessandoci, non potevamo essere d’aiuto. Oggi ci sono tanti segnali di una chiesa che attenta cerca, come nel matrimonio che è rotto, di aiutare; e anche nel caso di omosessualità c’è una chiesa che si apre all’ascolto e all’accoglienza. Non potremmo mai trovare la totalità. Credo che la definizione di amore migliore sia quello di condividere. Allora quando trovi una persona con determinati problemi o che vive la sua vita in una certa maniera, tu l’accompagni e in questo accompagnare c’è quello che dicevamo prima, questa ricerca di verità.
Che posizione ha rispetto alle proposte di legge in discussione al Parlamento italiano in cui si vuole equiparare l’unione omosessuale al matrimonio e legittimare la pratica dell’utero in affitto attraverso la stepchild adoption (coppie omosessuali che possono adottare figli del partner ndr.) ?
Che certe unioni civili, debbano essere equiparate alla famiglia non me la sento proprio di dire, perché la famiglia ha una sua caratteristica, ha una diversità del sesso, l’incontro è un integrarsi, un arricchirsi. In una famiglia il figlio viene visto come dono. Un figlio non è un qualcosa di dovuto perché io adulto lo voglio. Ecco quindi non possono neppure usare il figlio per dire, io ci sono. Allora davanti a questo tentare di mettere tutti sullo stesso piano io non mi ci ritrovo perché la famiglia è una realtà ben precisa.
E’ La ricchezza di due persone diverse che scoprono che c’è un cammino da fare insieme, integrarsi va bene, ma che poi si debba dire che tutto per loro è possibile non sono d’accordo. Anche un figlio non è un fatto meccanico, non è un fatto di interesse personale, oggi credo che ci si sta confondendo parecchio. Stiamo mettendo tutto come un’unica realtà dentro un pentolone, come se non ci fosse diversità. Questo voler accontentare tutti non credo che sia il modo migliore per costruire una civiltà, che guarda avanti.
Al Sinodo si parlerà soprattutto di famiglia, oggi per sposarsi si debbano fare i corsi prematrimoniali. Ma chi lo fa è perché ha già scelto la data del matrimonio. Lei non pensa che invece sarebbe opportuno proporre al Sinodo che in ogni diocesi ci fosse un cammino per fidanzati e single, che non pensano ancora a sposarsi ma che vengono preparati per accogliere l’altra persona nel fidanzamento come un dono di Dio? Che gli si spieghi le esigenze del corpo, di maschio e femmina, fino ad arrivare al significato di questo “si lo voglio?. Camminando con la chiesa in un percorso di fidanzamento casto, bello, responsabile che ci prepara ad matrimonio duraturo? D’altronde la famiglia bisogna costruirla e curarla dalle radici. Il corso prematrimoniale potrebbe essere quindi il compimento di un percorso..
“Questo penso di sì, ma anche nella Pastorale Giovanile che oggi si fa, c’è ormai ovunque questa attenzione ai giovani, credo che anche questi aspetti vengano in qualche modo sottolineati ma forse non abbastanza. Io per esempio ricordo alcuni giovani che non erano fidanzati, al corso prematrimoniale. Avevano voglia di sentire, capire, approfondire, percepire e prepararsi. Questa non sarebbe una brutta idea. A me in sé l’idea di corso (prematrimoniale ndr) non mi convince, mi lascia un po’ cosi, faccio alcune lezioni, ho assicurata la “promozione”. A scuola se io non sono bravo mi fermano, in seminario se io non sono bravo mi fermano, qua invece ti faccio qualche lezione e poi tu va’ avanti. E questo non è soddisfacente perche tu puoi anche subire queste lezioni magari solo per amore del tuo fidanzato o fidanzata e dici, “io ci vado ma non mi interessa” .
Viene da dire, se non ti interessa allora non sposarti in chiesa, vieni quando sei interessato veramente.. Meglio meno matrimoni ma duraturi, responsabili, che centinaia di matrimoni inesistenti, che si sciolgono dopo un paio di anni perché non abbiamo nemmeno capito il significato di questo sacramento.
“Si, Io lo vedrei come un itinerario, un cammino di fede e non sei lezioni e hai finito. Non puoi dire io mi faccio sei lezioni col mio fidanzato e poi mi sposo. Perché la fede è un incontro. Hai bisogno di camminare con tuo fidanzato, di conoscerlo e per scoprirlo devi fare un cammino. Lo stesso vale anche per la fede. Un percorso di vita ci prepara a essere maturi e pronti per il grande passo e non certo i sei incontri nel corso prematrimoniale.
E in quel percorso di vita, la fede mi dice di saper guardare il cielo ma anche di saper guardarmi io. In questo modo io scopro di essere diverso da te, di cosa significhi rapportarmi con te, così scoprirò come l’amore è diverso dall’amicizia o come l’amore ha bisogno dell’amicizia. Tante volte io dico alle persone Ti Amo, ma quando c’è un problema vado al bar con gli amici. Cosiddetto l’amore a scadenza o l’amore per sempre, finché dura, finché non ci sono i problemi”.
La carità dunque ci allena nel cammino dell’ amore. E’ il modo migliore di dimostrare un amore più grande?
Bisogna tenere conto che la carità è un gioiello che ha tante facce. Perché carità alcune volte può essere anche sopportare; ma non sbuffando e lamentandosi, ti porto su di me. No, così diventa fatica. La carità è compatire, io patisco con te e quando si patisce non si battono le mani. La carità è il perdono, la carità è accoglienza. In questi giorni noi cantiamo a tutte le ore e in tutte le minestre “Dov’è carità è amore, li c’è Dio”; poi incontriamo un immigrato e ci giriamo dall’altra parte.
Dobbiamo stare attenti anche a parlare di carità, perché alcune volte la carità la riduciamo al buonismo; così diventa solo elemosina. Ti do qualcosa e ti ho amato. Ciò è l’osso gettato al cane. Il Signore come metodo di carità ci ha dato LA CROCE. La carità se la so vivere è un atto di fede. Il Signore dice nel Vangelo “Dammi da bere, dammi da mangiare, la ci sono Io”. Quindi, ti do quello che è necessario non quello che mi avanza. Mi privo di qualcosa per te, questa è la carità.
Non è semplice..
Certo, molte volte la carità mette anche me in discussione. Qualche volta abbiamo quella carità facile, che non cambia niente nella mia vita nè in quella dell’altro. Il Samaritano ci ha detto che “è fermarsi”, perché se io ti do l’elemosina correndo allora non ho vissuto la carità. Perché non mi sono messo accanto, non mi sono calato nel profondo, ero superficiale. Maria è il segno della carità perché è stata ai piedi della Croce. E’ stare, è fermarsi, anche se non hai un soldo. Anche se non hai nulla ti puoi fermare, ascoltare per prendere su di sé un po’ della croce dell’altro.
L’ora della preghiera deve diventare l’ora della carità. La carità è interessante, ma la carità ti graffia, perché non ti lascia mai come eri prima. Nella parabola del Samaritano c’è il decalogo della carità e dell’amore. Dieci verbi: lo guardò, si fermò, lo prese, lo mise, andò a pagare. Se son dieci vuol dire che è un cammino. Madre Teresa dice: “non sono i poveri che ci devono dire grazie, ma siamo noi che dobbiamo dire grazie a loro; perché ci permettono di restituire ciò che il nostro egoismo ha tolto”. La carità non è aiutarci quando ci vogliamo bene. La carità inizia quando tu mi vuoi bene e io non te ne voglio”. La carità è l’amore.
di Ania Goledzinowska per LA CROCE QUOTIDIANO
http://www.lacrocequotidiano.it/
https://salvatidallinferno.wordpress.com/tag/montenegro/
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