Lamentarsi è sbagliato per un cristiano?
Lamentarsi è sbaglaito per un cristiano? Cioè se mi lamento di qualche cosa, sto sbagliando? Sto dimostrando di non avere fede? Di non essere grato? Di essere poco virtuoso? Scopriamolo insieme:
Come il salmista che effonde gemiti e lamenti, anche gli uomini hanno il diritto di lamentarsi?
L’angoscia di alcuni può portare a risultati drammatici. Chi non ne ha sperimentato qualcuno intorno a sé? Piangere di rabbia e gridare la propria disperazione possono essere soluzioni, e la Bibbia è piena di personaggi che continuavano a lamentarsi con il Signore. Diciamo, però, che diventano preghiera quei lamenti che sono rivolti a Dio.
Lamentarsi nella preghiera
La lamentela di per sé non fa che tener viva la sofferenza, questo è una realtà concreta, anche se a volte però sembra che lamentarsi, porta sollievo almeno psicologico. Quando viene invece deposta nel cuore di Dio si trasforma in preghiera, a cui il Padre non può rimanere insensibile, anche se la sua risposta non è sempre quella che si vorrebbe.
A chi si chiede cosa farebbe Dio in questa o quella situazione, diciamo che piangerebbe con noi il giorno della prova visto che è la forma più idonea di compassione.
Gesù ha pianto anche per Gerusalemme proprio prima di espellere i mercanti dal Tempio nel Vangelo di San Luca (19, 41-44):
“Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo: «Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! (…) Non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata”.
Vediamo ora quelli che si sono lamentati di più… ovviamente per inserirli nel contesto.
La Bibbia
Nella Bibbia addirittura esiste un libro chiamato “Lamentazioni” nell’Antico Testamento è valso al profeta Geremia il fatto di essere portatore di cattive notizie per l’eternità.
C’è anche Giobbe, il più grande di tutti i figli dell’Oriente, l’uomo delle 7.000 pecore, dei 3.000 cammelli, delle 500 coppie di buoi, delle 500 asine e di una moltitudine di servi. Dio ha permesso che Satana lo mettesse alla prova, e nonostante la perdita di tutti i suoi possedimenti, dei suoi figli e della sua salute, è rimasto fedele al suo Signore. Un giorno, però, in preda alla disperazione, ha iniziato a maledire il giorno della sua nascita (Giobbe 3, 3):
“Perisca il giorno che io nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!”
Le lamentazioni di Gesù sulla croce
Anche Gesù si è lamentato, riprendendo le parole del Salmo 22:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Te ne stai lontano, senza soccorrermi, senza dare ascolto alle parole del mio gemito! Dio mio, io grido di giorno, ma tu non rispondi, e anche di notte, senza interruzione”.
E allora, chi siamo noi per non piangere quando viene permesso di farlo al Figlio dell’Uomo?
Come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (2584), “Stando «da solo a solo con Dio», i profeti attingono luce e forza per la loro missione. La loro preghiera non è una fuga dal mondo infedele, ma un ascolto della parola di Dio, talora un dibattito o un lamento, sempre un’intercessione che attende e prepara l’intervento del Dio Salvatore, Signore della storia”.
Il Muro del Pianto
A Gerusalemme c’è anche il famoso Muro del Pianto, dove tutti accorrono a presentare le proprie lamentele nei confronti di Dio con un gesto di umiltà, inserendo il proprio foglietto tra le fessure della parete.
L’uso di questo nome sembra un tema conflittuale nella semantica del conflitto israelo-palestinese. Alcuni preferiscono “Muro occidentale”, mentre altri usano “Muro del Pianto” o “El-Bourak”.
L’aspetto fondamentale è non dimenticare di rivolgersi a Dio anziché agli uomini. La fede trasforma l’ansia in fiducia.
Scopri di più da Annalisa Colzi
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