La tristezza che erode il cuore
Papa Francesco nei suoi discorsi, spesso ha parlato della tristezza come vera e propria “malattia dell’anima” che può insinuarsi e prostrare una persona fino ad abbatterla: questo “demone subdolo” va combattuto pensando che Gesù “ci porta la gioia della risurrezione”.
La tristezza abbatte l’anima
La tristezza intesa come “un abbattimento dell’animo, un’afflizione costante che impedisce all’uomo di provare gioia. Il Salmo 13 scrive: “Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato”. (dal Salmo 13,2-3.6).
Una tristezza amica e una tristezza non buona
E’ necessario fare una distinzione tra due diversi generi di tristezza:
- Quella che fa parte del cammino di conversione del cristiano e che la grazia di Dio trasforma in gioia.
- Quella che “si insinua nell’anima e che la prostra in uno stato di abbattimento“. E’ questa tristezza che va combattuta, afferma il Papa, “risolutamente e con tutta forza, perché essa viene dal Maligno”.
C’è dunque una tristezza amica, che ci porta alla salvezza. Pensiamo al figlio prodigo della parabola: quando tocca il fondo della sua degenerazione prova grande amarezza, e questa lo spinge a rientrare in sé stesso e a decidere di tornare a casa di suo padre. È una grazia gemere sui propri peccati, ricordarsi dello stato di grazia da cui siamo decaduti, piangere perché abbiamo perduto la purezza in cui Dio ci ha sognati.
La malinconia che incancrenisce il cuore
Il secondo tipo di tristezza, invece, è “una malattia dell’anima”. E Francesco spiega che è legata all’esperienza di una perdita, che nasce nel cuore dallo svanire di un desiderio, di un sogno, di una speranza. Papa Francesco cita l’episodio dei discepoli di Emmaus che camminano verso Gerusalemme con il cuore deluso, e osserva:
Quando questo capita, è come se il cuore dell’uomo cadesse in un precipizio, e i sentimenti che prova sono scoraggiamento, debolezza di spirito, depressione, angoscia. Tutti attraversiamo prove che generano in noi tristezza, perché la vita ci fa concepire sogni che poi vanno in frantumi. In questa situazione, qualcuno, dopo un tempo di turbamento, si affida alla speranza; ma altri si crogiolano nella malinconia, permettendo che essa incancrenisca il cuore.
Attenzione alla tristezza che porta all’egoismo
Papa Francesco definisce questo tipo di tristezza come “il piacere del non piacere“, è “essere contento che questo non sia successo, è come prendere una caramella amara, senza zucchero, cattiva e succhiare quella caramella“. E fa alcuni esempi: “certi lutti protratti”, osserva, come pure “certe amarezze rancorose” che portano la persona a vivere perennemente uno stato d’animo rivendicativo o di vittimismo che non produce una vita sana, n’è tanto meno cristiana. Da emozione naturale, avverte, la tristezza diventa allora qualcosa di malvagio. “È un demone subdolo, quello della tristezza”.
Dobbiamo stare attenti a questa tristezza e pensare che Gesù ci porta la gioia della risurrezione.
Ma cosa devo fare quando sono triste?
Fermarti e vedere: questa è una tristezza buona? È una tristezza non buona? E reagire secondo la natura della tristezza. Non dimenticatevi che la tristezza può essere una cosa molto brutta che ci porta al pessimismo, ci porta a un egoismo che difficilmente guarisce.
Gesù è risorto anche per noi
Un demone subdolo, dunque, ma che può essere combattuto ricordando che Gesù con la sua riusurrezione ci porta la gioia. Il Papa osserva:
Per quanto la vita possa essere piena di contraddizioni, di desideri sconfitti, di sogni irrealizzati, di amicizie perdute, grazie alla risurrezione di Gesù possiamo credere che tutto sarà salvato. Gesù non è risorto solo per sé stesso, ma anche per noi, per riscattare tutte le felicità che nella nostra vita sono rimaste incompiute. La fede scaccia la paura, e la risurrezione di Cristo rimuove la tristezza come la pietra dal sepolcro.
Vincere la tristezza con la santità
“Ogni giorno del cristiano è un esercizio di risurrezione”, afferma ancora Papa Francesco e conclude citando una “stupenda frase” dello scrittore francese León Bloy che è un invito a guardare alla vita nella prospettiva di Gesù risorto: “Non c’è che una tristezza, quella di non essere santi”.
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