La croce è segno di vita e salvezza non di dolore
Abbiamo un’ottica sbagliata della croce. Quando vediamo la croce, vediamo qualcosa di brutto (fondamentalmente e parlando umanamente è così) ma un cristiano deve vederla diversamente. La croce non è un fardello sulle spalle; quello lo è stato per Gesù, per noi è liberazione. La croce non è sinonimo di dolore; quello lo è stato per Gesù, per noi è sinonimo di felicità eterna. La croce non è strumento di morte; quello lo è stato per Gesù, per noi è simbolo di amore, Amore di Dio che ci ha talmente amati che ha mandato il suo unico figlio per salvarci.
Dovremmo quindi cambiare mentalità sulla croce. Purtroppo e questo vale anche per noi cristiani, abbiamo la brutta abitudine di dire a chi ha subito qualcosa di brutto: “Che croce che hai“. Questo perché vediamo la croce come un problema, come un peso che ci schiaccia, come un danno che ci limita.
Gesù è stato inchiodato sulla croce e attenzione non dice fatevi crocifiggere come me, ma di abbracciarla, prenderla e portarla: Perché? Per seguirlo! Perché Cristo ha vinto la morte, ha crocifisso il peccato, che è il male del male stesso. Le malattie cesseranno prima o poi, i problemi passeranno, ma il peccato se tenuto nell’anima uccide condannandoci al fuoco dell’inferno e Cristo lo ha sconfitto con LA CROCE. Quindi è in realtà il mezzo per andare dietro a Cristo Gesù che ci conduce alla vera vita.
Un tempo, la croce era vista come il segno dei perdenti, dei malfattori giustiziati. Gesù ha ribaltato anche questo, rendendola segno di amore e segno di vittoria. I discepoli quando il loro Maestro venne crocifisso, scapparono, un pò per paura ma anche per vergogna. Come ho detto, chi veniva crocifisso, era un delinquente, un perdente, una feccia. Delusi, scapparono, dimenticando tutto quello che Gesù aveva detto e fatto. Scordandosi di tutti quei miracoli grandiosi che il Messia aveva compiuto. Questo perché per loro, Cristo aveva perso, solo perché immaginavano la vittoria come il trionfo sui farisei e sui romani, sui persecutori, sui violenti e i malvagi.
Non sapevano che Gesù allargando quelle braccia sulla croce, stava spalancando le porte del Paradiso a noi miserabili.
Non sapevano che Gesù con il suo stesso sangue stava firmando il patto della nuova ed eterna alleanza, affinché niente e nessuno poteva più cancellarlo.
Non sapevano che tutta l’ira e la giustizia divina, la stava pagando con il suo soffrire, con le sue carni trafitte e le sue ossa scoperte.
A Napoli c’è quel detto “Facimmece a croce cu ‘a mana smerza“, questa frase indica una situazione in grado di stupire e sbalordire chi la sta vivendo, al punto di arrivare a farsi il segno della croce con la mano sinistra, considerata dalla Chiesa la mano del diavolo. “Smerza” deriva dal latino “riversus”, che significa “capovolto, al contrario”. Farsi la croce con la mano al contrario significa anche cominciare qualcosa in maniera sbagliata.
Questa frase dimostra nella sua semplicità, che la croce porta a qualcosa di bello, di grande, ci porta alla salvezza, ecco perché farla con l’altra mano, cioè al contrario dimostra qualcosa di brutto.
Che tristezza vedere giovani che indossano la croce solo per moda, senza sapere che essa è segno di amore, segno di salvezza, segno di vita. Dovremmo imparare a vedere la croce nel modo corretto, a viverla nel modo giusto, a sentirla parte di noi perché grazie ad essa siamo stati redenti.
Scopri di più da Annalisa Colzi
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