Stiamo diventando invisibili: I Parte
Siamo diventati invisibili? Disse mio fratello appena superata la frontiera fra la Croazia e la Bosnia. Io, “ incredibile, siamo in Bosnia!”.
Ma facciamo un salto indietro per cercare di capire come siamo diventati invisibili, invisibili come i monti di Medjugorie durante i bombardamenti, ne più, ne meno.
Per una serie di cose, io e mio fratello, decidiamo di partire per la Croazia. Qualche settimana prima sarebbe stato impensabile partire insieme. Io avevo preso le ferie per andare a Medjugorie, prima della pandemia, per il 39mo anniversario delle apparizioni memore della bellissima esperienza vissuta l’anno prima con l’Esercito di Maria. Seguivo con molta attenzione la situazione internazionale riguardo la chiusura delle frontiere. A un certo punto, intorno al 10 giugno, le speranze si riaccesero. Il quindici, si diceva, probabilmente la Bosnia avrebbe riaperto. Così, indeciso se confermare le mie ferie o meno, dal ventidue in poi, anticipo e mi organizzo con mio fratello. Nostro padre ci avrebbe raggiunti da Ancona e saremmo ritornati insieme in Germania il ventidue. L’alternativa sarebbe stata Lourdes, anche e sempre molto volentieri, ma decidiamo per la Croazia incentivati dalla possibilità di rivederci tutti e tre insieme. Ogni giorno ci informavamo sulla situazione della pandemia per sapere quando, e non se, avrebbero riaperto le frontiere.
Già i primi giorni, dunque in viaggio, crollano le nostre speranze e le nostre convinzioni. Nostro padre difficilmente sarebbe riuscito a partire per raggiungerci. Le frontiere, nemmeno uno spiraglio di luce più, chiusura ermetica. La Bosnia non avrebbe aperto, anzi; si parlava dei primi di Luglio. Le informazioni che attingevamo erano contrastanti, alcuni dicevano si, altri no. Internet assolutamente no. Io volevo andare a Medjugorie. Era per me un sogno pensare di andarci, di ritornarci, non vedevo l’ora. Nonostante tutte le contraddizioni, le notizie confuse, mercoledì partiamo per la Bosnia. Avevamo preso alloggio nei pressi di Macarsca che si trova nel bel mezzo della lunga costa croata. Convintissimi facciamo il viaggio in auto prendendo l’autostrada. “ Se la Madonnina ha deciso che andiamo, andremo!” dicevo. Ma tutto si sgonfiò nuovamente nel momento in cui ci ritrovammo a sbattere contro le frontiere ( evviva i sognatori).
I croati, da parte loro, non avrebbero avuto nessun problema a lasciarci passare e a farci rientrare ma dubitavano seriamente che i bosniaci l’avrebbero vista alla stessa maniera poiché, ci dissero, avevano già respinto diversi turisti. Noi, italiani, residenti in Germania, beh… quasi impossibile, risultavamo la categoria più a rischio. La Bosnia e le regole a proposito sullo stato d’emergenza incorso parlavano chiaramente. Italiani, tedeschi e via dicendo, “assolutamente no!”
A nulla valse il domandare spiegazioni e insistere. Ci rimandarono indietro. Va beh, sapevamo che sarebbe stato difficilissimo.
La delusione mia era tangibile ma, “ tutto coopera al bene per chi confida in Dio” mi ripetevo.
Ora ci toccava passare tutta la settimana in Croazia, senza Medjugorie e senza nostro padre. Tutti i piani erano saltati. Almeno faceva caldo. Avevamo prenotato l’albergo fino a Venerdì, dopo di ché avremmo preso l’albergo a Medjugorie per rimanervici fino a Domenica. Ora però toccava rivedere tutto. Decidemmo di aspettare a prenotare e prolungare in Croazia, di aspettare fino a Giovedì sera in ogni caso. Così facemmo. Se avessero aperto, “impossibile”, saremmo volati in Bosnia.
Sulla via del ritorno, “… e va beh… “ diceva mio fratello, “ci abbiamo provato!” Io?… io so invece che tutto quel che Dio decide lo Fa, e lo Fa anche capire sempre a cose fatte.
Rientrando cercai di consolarmi visitando qualche Chiesa, tutte chiuse. C’è da dire che in Croazia ce ne sono diverse. La Croazia, intanto, si presentava bellissima. Non lo avremmo mai immaginato. Ogni paesino della costa è uno scenario mozzafiato, da su e da giù. I monti sparati in alto come stalattiti. Da una parte così e dall’altra il mare, le isole, i colori e le rondini. Qualche somiglianza con la Puglia, con il sud Italia in generale. Tantissimi Cristiani. Insomma, sulla via del ritorno, questo lo capirà chi vuol capire, tentando di entrare in qualche chiesetta… mio fratello ormai rassegnato a questo mio comportamento, avevo bisogno del “Sacro”, fra soste improvvise guidate dai cartelli che annunciavano qualche Santuario; andando sempre a vuoto forse per via dell’orario, arrivammo nei pressi dell’albergo dove soggiornavamo.
Decidiamo di superare il paese e recarci a scoprirne un altro non troppo lontano, direzione Spalato. A meno di un chilometro dal punto X, che sarebbe l’hotel, l’ennesimo cartello in croato, indecifrabile, che raffigurava ancora una volta una chiesetta ma questa volta con un disegno della Madonnina. Eravamo stanchi, il viaggio andata e ritorno dalla Bosnia era stato lungo e soprattutto inutile, avevamo fame. “Che faccio?” mi dico. “ Ho trovato tutto chiuso, Chiese e frontiere, fino a mo. Ci riprovo, ne vale la pena!?… Ho sbagliato tutto, dovevamo andare a Lourdes!”… ( le frontiere con la Francia erano state riaperte proprio il quindici). Mio fratello nota il cartello sulla strada, anche lui. Credo, lui già sapesse che mi sarei fermato. Infatti svolto improvvisamente e esco dalla strada provinciale, ci ritroviamo in un parcheggio abbastanza capace. A quel punto una grandissima sorpresa. Mi avvicinavo a piedi dal parcheggio e non credevo ai miei occhi, era la riproduzione della Grotta di Lourdes. Un santuario dedicato alla Madonnina voluto da un vescovo che sognava da sempre di dare al suo paese una Lourdes personale, in Croazia, tutta per loro. Un posto frequentatissimo di cui ignoravamo l’esistenza, un miraggio.
Quel santuario ha salvato le nostre ferie. “ volevi andare a Lourdes” disse mio fratello rammaricato di aver fatto con me un buco nell’acqua con Medjugorie, di aver deciso con me la Croazia e via dicendo… beh, Lourdes era venuta da me. ( Anche lui non comprendeva la cosa dal punto di vista “divino”,; chi potrebbe d’altronde. )
Morale della favola, a questo punto, da quel santuario ci passammo, per forza di cose, ogni giorno. Ogni giorno riuscivo a fermarmi in quel luogo meraviglioso. In posti simili, succede sempre qualcosa di diversamente tangibile. Mi ritrovai in silenzio, durante l’Adorazione Eucaristica, fra i croati un giorno e… nonostante fossero decimati e sparpagliati, anche in quel caso, mi sentii in compagnia, al sicuro. Questo succede quando un gruppo di cristiani si ritrova in preghiera. Nessuno parla, nessuno disturba eppure si ha la sensazione di essere fra una gran folla. Non è come andare allo stadio con intorno ottantamila persone agitate poiché spesso, in questi casi, ci si sente più soli. Nessuno si preoccupa di te, anzi. Tutti sono preoccupati a esternare altre cose; rabbia e via dicendo. Logicamente, allo stadio, non sei solo, anzi. Eppure ti senti solo. Invece, tra poche persone, in silenzio, succede il preciso contrario. Meditando su queste cose mi ricordai del silenzio di Medjugorie durante l’Adorazione. Non so, diecimila?, venti? , una netta differenza rispetto ad uno stadio rumoroso e incandescente. Ventimila persone in silenzio che riempiono tutto diventando una cosa sola, diventando bravi. Mi ricordai, capendo questo dopo un intero anno, quel che provai a Medjugorie la prima volta che ci andai. Appunto, un anno prima appena.
La nostalgia mi pervase. Mi dispiaceva un sacco non essere riuscito a passare la frontiera, a portarvici mio fratello per giunta. Dovevo farmene una ragione. La Grotticella, intanto, mi accoglieva ogni giorno e mi consolava.
Bighellonammo su e giù per la costa. Posti meravigliosi. Al momento di decidere il dafarsi, prenotare, prolungare, cambiare paese, era giovedì, decidemmo di spostarci verso Spalato. Da li, lunedì, sarebbe stato più facile raggiungere l’aeroporto. Ci promettemmo di andare a Messa proprio alla Grotta Domenica mattina. Il piano sarebbe stato: Messa alle nove di mattina. Poi escursione verso l’altro capo della Croazia, in auto, verso Ragusa. Io, però, mi ripetevo e ripetevo; “Domenica?… Domenica siamo a Medjugorie, non prendere impegni fratello!” ridendoci su. Ero convinto che non sarebbe stato possibile, che non avevano aperto fino al Venerdì e che nemmeno Domenica avrebbero aperto un bel niente. Eppure mi ripetevo e ripetevo, “ organizziamoci pure ma tanto il ventuno, Domenica, aprono le frontiere!” Lo ripetei ogni giorno. Mio fratello mi compativa, ed io ci speravo.
Domenica.
Da Duce, paese nei pressi di Spalato, guidavamo verso la Grotticella per la Messa, dovevamo essere lì alle nove. La Messa si sarebbe svolta all’aperto. Una celebrazione meravigliosa. Capivo il croato ricordando i passaggi della Messa in italiano e quindi riuscivo a seguire addirittura la celebrazione. ( La Fede dei croati è eccezionale).
Bene. A quel punto, di Domenica mattina, ci siamo rimessi in macchina. Avevamo intenzione di attraversare la costa in lungo fino a quando ce l’avremmo fatta. Era l’ultimo giorno.
Ci fermiamo per il caffè. Ci rendiamo conto, o meglio mio fratello si rende conto che, facendo sempre da navigatore, per arrivare là dove volevamo, dovevamo attraversare un tratto di strada che era effettivamente territorio bosniaco. Come poteva essere possibile se le frontiere erano chiuse? Ragionandoci su, ovviamente, capimmo che avrebbero potuto esserlo solo per il transito. Cioè, per poter passare rimanendo in concetto di Croazia. Era impossibile anche che la Bosnia potesse tener chiuso un tratto di strada che le appartiene spaccando in due una Nazione.
Ok, questa era la situazione. Memori dalla fresca esperienza del Mercoledì che ci aveva visti ritornare indietro con la coda fra le gambe; respinti, annichiliti, ci prospettavamo il peggio. Non ci avrebbero lasciati passare nemmeno per il transito, oppure si?!… Rientriamo in auto e ci avventuriamo a risolvere questo dilemma.
Uno scenario simile, già visto, la frontiera… la cabina per il controllo documenti. L’auto davanti, targa Ceca, presenta i propri, vengono letti e passa. Tocca a noi. Avremmo dichiarato di essere in transito, ovvio, era la verità. Il poliziotto ci guarda, nemmeno ci fa aprire bocca. Rimaniamo coi documenti in mano pronti per esser consegnati mentre lui già ci indica di proseguire in maniera distratta. Ok, a quel punto uno pensa che quello, nella sua posizione, ogni giorno vede gente passare per il transito… i soliti turisti. Mille, forse due mila al giorno. Chi poteva sapere quanti ne aveva visti prima di noi. Premesso, passaporti italiani con residenza in Germania… assolutamente vietato entrare in Bosnia. Non eravamo stati nemmeno registrati, segnalati, nulla rispetto alla normale amministrazione. Il poliziotto non aveva controllato nulla. Stavamo diventando invisibili. Davanti al poliziotto, e alla sua disinvoltura, rimanemmo a bocca aperta. ERAVAMO IN BOSNIA.
Siamo in Bosnia. Eh che facciamo?”
L’idea convogliò parallelamente nelle nostre menti… menare direttamente per Medjugorie senza chiacchiere. Mio fratello che, alla fine aveva organizzato tutto con la stessa tenacia per venire incontro alle mie esigenze, organizza la tappa. “ È n’ammazzata!” Dice. E io, “ ho fatto di peggio!” Ci guardiamo un secondo in faccia e ci capiamo. Eravamo in Bosnia ma non potevamo cantar vittoria. Potevamo però, lentamente, renderci conto che saremmo stati gli unici, in tutto il mondo non confinante direttamente, ad arrivarci. Una vera impresa!
Certo un privilegio, qualora ci fosse riuscita, di essere invitati da Maria Santissima a casa Sua!?… Sembrava un sogno. Ma, a Medjugorie, dovevamo arrivarci, prima di poterlo dire. Più ci ragionavamo su e più ci rendevamo conto di quanto assurda appariva la situazione. “ Se la Madonna ha deciso… “ ripetevo. E lui, mio fratello; “ Lo hai ripetuto tutto il tempo che Domenica saremmo stati a Medjugorie!… come caspita… ?!”
Non me lo aveva detto nessuno, ma per me era semplice, ora, ripensandoci; io mi ero arreso, sabato sera. In quel momento, secondo me, ha preso in mano la situazione la Madonna e ora capiremo il perché magari…
…Più ci avvicinavamo, trepidanti a ogni incontro con la polizia, a ogni lavoro in corso che poteva sembrare un posto di blocco e più accresceva la mia emozione. Proseguendo tutto filava liscio, davvero pensai all’invisibilità. Non ci considerava nessuno. Forse eravamo noi a sentirci, in effetti, fuori luogo e clandestini ma intanto guidavamo. Il Suo eco, ora che eravamo sempre più vicini, sempre più risonante. Più ci avvicinavamo e più ricordavo cosa significasse andarci. Era un sogno, stavo vivendo un sogno. L’auto andava da sola. Nessunissimo impedimento. Al primo cartello che indicava la meta, non potrei mai esprimere la gioia che provai. Ero sempre più consapevole che Lei ci stava guidando e proteggendo.
Gianfranco
(Continua…..Domani seconda parte…..)
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