Il Sacramento della riconciliazione non è un’invenzione dei preti
Questo articolo potrebbe risultare banale, o utile, dipende cosa rappresenta per voi il sacramento della riconciliazione. Meglio chiarirlo una volta per tutte. Il sacramento della riconciliazione, detto comunemente, confessione, non è un’invenzione della Chiesa come alcuni dicono. Anzi molte volte per il sacerdote diventa un grande sacrificio mettersi in seduto e ascoltare ore ed ore i peccati, e spesso anche i problemi della gente. Posso assicurarvi che non è cosa piacevole! Ma vediamo per bene cos’è e come è nato questo sacramento della riconciliazione:
Gesù Cristo disse agli Apostoli che a loro volta tramandarono questo comando ai loro successori: « I peccati di coloro ai quali li riterrete, saranno ritenuti, ed i peccati di coloro ai quali li perdonerete, saranno perdonati ».
Il ministro di Dio dunque perdona i peccati non a nome proprio, ma a nome del Signore.
Gesù Cristo non stabilì il tempo in cui si sarebbe dovuto chiedere l’assoluzione sacramentale; ma poiché tanti non si davano pensiero di rimettersi nella grazia di Dio dopo la colpa, il Sommo Pontefice, Capo Supremo della Chiesa, stabilì, già da secoli: « Tutti i fedeli devono confessarsi almeno una volta l’anno ». Chi non soddisfa a questo precetto ecclesiastico, si rende reo di peccato mortale.
Non basta confessarsi; è necessario confessarsi bene.
A volte ci chiediamo cosa serve per poter fare una buona confessione proprio come Dio comanda? Ecco i punti fondamentali per una confessione ben riuscita:
1° Pensare i peccati commessi.
2° Essere pentiti del male commesso.
3° Promettere di non peccare più, col fermo proposito di fuggire le occasioni prossime di peccato.
4° Manifestare al Sacerdote le proprie colpe, con umiltà e sincerità.
5° Compiere opere buone o la penitenza che impone il Confessore, come pegno dei peccati commessi.
Si è tenuti a confessare solamente le colpe gravi; i peccati veniali, o leggeri, è bene confessarli, ma non si è tenuti a farlo.
I peccati di pensiero si confessano come pensieri, le parole come parole e le azioni come azioni. Perciò chi dicesse: « Mi accuso di un cattivo pensiero contro la purezza » e volesse includere anche il discorso disonesto o l’atto impuro, non si confesserebbe bene.
Il peccato mortale è come una valanga
Oltre al peccato mortale, bisogna confessare le circostanze che mutano la specie di peccato, poiché un peccato, per circostanze particolari, potrebbe essere doppio ed anche triplo. Così, se un padre di famiglia pronuncia una bestemmia davanti ai figli, commette due peccati: il primo è la bestemmia ed il secondo è lo scandalo dato ai figli. Un peccato mortale infatti quasi sempre non è mai solo….E’ sempre circondato da altri. Un altro esempio:
Chiedo perdono a Dio anche dei peccati che non ricordo. –
I peccati confessati restano perdonati direttamente; quelli dimenticati sono assolti indirettamente. Se dopo la Confessione ci si ricordasse di qualche peccato grave, si resti tranquilli; è lecito accostarsi alla Santa Comunione. Però alla prossima Confessione, ricordando il peccato tralasciato, c’è l’obbligo di confessarlo.
Chi nasconde volontariamente una colpa grave, o per vergogna o per altro motivo, non riceve il perdono di alcun peccato, anzi macchia la coscienza di un altro peccato gravissimo, che si chiama « sacrilegio »; se poi va a comunicarsi, raddoppia il sacrilegio. Meglio non confessarsi mai, anziché confessarsi male! La medicina lasciataci dal Divin Redentore diventerebbe veleno.
È molto pericoloso il dire: « Pecco … faccio quello che voglio … e poi mi confesserò! » Sarebbe questo un abuso della divina misericordia. Guai a sfidare la bontà di Dio! … Non si dimentichi che con Dio non si scherza!
Si mettano in pratica i consigli del Confessore, come si fa tesoro della ricetta che rilascia il medico del corpo.
Chi sa di essersi confessato male, o per aver taciuto un grave peccato o per mancanza di vero dolore e proposito, deve rifare le sue confessioni, a cominciare dall’ultima fatta bene.
Scopri di più da Annalisa Colzi
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