L’aborto non era la soluzione alla mia gravidanza indesiderata: era il problema
L’aborto una soluzione egoista e assassina
Questa è la storia di una donna che credeva che l’aborto era la soluzione alla sua gravidanza indesiderata ma in realtà è stato il suo tormento. Ecco il suo racconto:
Questa mattina, a messa, c’era una bimba seduta nel banco dinnanzi a me. Aveva grandi occhi curiosi e scuri capelli crespi per aria. Il suo seggiolino era girato in modo tale da permetterle di fissarmi durante tutta la messa e, ogni volta che mi inginocchiavo, eravamo a pochi centimetri l’una dall’altra.
Ho tentato di ignorarla, ma lei non me lo permetteva. Ogni volta che guardavo altrove, iniziava ad agitarsi. Così abbiamo iniziato a giocare insieme attraverso gli sguardi: io roteavo gli occhi e lei rideva.
E faceva ridere anche me. All’Offertorio, suo padre la fece uscire dal seggiolino.
Era davanti a me, aggrappata al banco e, quando si arrivò al Santo e ancora una volta mi inginocchiai, le sue piccole manine erano accanto alle mie.
Lentamente, con quel tipico malfermo modo dei bimbi, allungò le manine per prendere le mie dita. In quel momento, un bizzarro modo di comunicare, si trasformò in un straziante guardare in faccia alla realtà.
Perché quando quelle delicate manine hanno toccato le mie, il flash che è passato per la mia mente è stato: questo è ciò che ho gettato via. E’ quel che ho distrutto. E’ ciò che non avrò mai più.
Vedete…io avevo due bambini. Ma sono morti.
E non ho mai avuto la possibilità di poterli tenere in braccio. Non hanno nemmeno mai respirato…perché li ho abortiti. Quei due aborti sono stati i miei più grandi errori di tutta la mia vita.
Avevo 16 anni quando rimasi incinta la prima volta. Prendevo la pillola…in realtà, prendevo la pillola entrambe le volte che rimasi incinta. Non lasciatevi convincere che non potete restare incinta se prendete la pillola: è una bugia.
Sapevo di essere incinta al momento del concepimento. Lo so, sembra pazzesco, ma sentivo la presenza di un’altra vita come una rivelazione, un’illuminazione, era chiaro per me come se qualcuno saltellasse nella stanza in modo grandioso: “sono qui! Guardami!”.
E lei era lì.
So che era una bimba nello stesso modo in cui sapevo di essere incinta.
Non posso spiegarlo. Lo so e basta.
Eppure, volevo disperatamente sbagliarmi.
Anche quando mi son seduta nella classe di filosofia alla scuola superiore, sentendo il mio corpo organizzare se stesso per far spazio alla vita che sbocciava in me, mi stringevo ai miei brandelli di incredulità.
Scarabocchiai e passai un bigliettino alla mia migliore amica: “ho un enorme problema, ho bisogno di aiuto, vediamoci dopo la scuola”.
Abbiamo guidato fino all’altra parte della città per comprare un test di gravidanza, volevamo evitare di esser viste da qualcuno che ci conosceva.
Poi siamo andate al negozio di libri usati dove lei lavorava e schiacciate nel bagno dei dipendenti, abbiamo aspettato il risultato.
Nessuna delle due disse una parola finchè non comparsero due righe rosa nel display.
Sapevamo che quelle linee corrispondevano a un gran caos di problemi.
Sembrava una soluzione ovvia abortire, tutti quelli con cui mi ero confidata me lo avevano consigliato.
Il mio fidanzato e padre del mio bambino, diede per scontato che abortissi.
Non solo non voleva questo bambino in particolare, ma non ne voleva proprio in assoluto.
Sembrava indignato, come se fosse irritato da me a causa della gravidanza indesiderata.
Ha chiamato la clinica raccomandata dalla Planned Parenthood e, scoperto quanto addebitavano, hanno ‘strappato’ insieme un paio di centinaia di dollari (metà del costo) in pochi giorni.
Mi sentivo come se fossi stata travolta da una marea pro-aborto.
In quella camera, l’eco di voci mi dicevano di uccidere il bambino, la mia voce era affogata e comunque, non sembrava avere molto peso.
Due settimane dopo il mio diciassettesimo compleanno, ho sposato il padre del mio bambino: la piccola bimba che avevo gettato via “era per noi una gravidanza indesiderata”.
Circa tre anni dopo, ero nuovamente incinta, presto anche questa si sarebbe rivelata una gravidanza indesiderata.
Passavo le notti agitandomi e rigirandomi pensando al mio primo aborto, profondamente dispiaciuta in un dialogo interno con il bimbo che stavo per gettare via, fortemente in conflitto riguardo alla così chiamata “scelta” che stavo per fare.
Mi sentivo ancora una volta di non aver scelta e, mio marito ancora una volta contribuiva fortemente a questa sensazione con la sua determinazione a non volere figli.
Ma un altro fattore influente fu il mio dissoluto stile di vita nei mesi precedenti alla scoperta della mia gravidanza.
Ingerivo innumerevoli teratogeni sottoforma di varie droghe ricreative e alcool ed ero atterrita che un bimbo covato nel pozzo nero del mio ventre per 3 mesi, come lo era stato mio figlio, sarebbe nato con deformazioni spaventose che gli avrebbero causato una vita di sofferenze.
Il senso di colpa generato da quel pensiero mi faceva sentire come un gattino in un angolo e avere un altro aborto era il mio tentativo agitato di recuperare la strada verso l’altro lato dell’edificio per sfuggire alle conseguenze delle mie azioni auto-indulgenti.
Presi appuntamento nel posto meno costoso che riuscì a trovare, così il medico bruscamente lo strappava via dalla mia carne, spappolando la vita del piccolo bimbo dentro di me, ho gridato nel mio miserabile dolore.
Volevo gridare: “FERMATI! Voglio tenerlo! Ridammelo!”, ma era troppo tardi.
Mio figlio non c’era più.
Ogni giorno, dalla morte dei miei bambini, ho sentito due voragini nella mia vita, quelli che mio figlio e mia figlia avrebbero dovuto colmare.
Non lasciate che mai nessuno vi dica che la vostra vita sarà molto più completa dopo un aborto, perché è una bugia.
Ci si sente come se mancasse qualcosa fino alla fine dei tuoi giorni.
Sono davvero poche le persone nella mia vita che conoscono questa parte del mio passato.
E’ qualcosa di cui mi vergogno profondamente.
L’aborto è di gran lunga, la peggior cosa che abbia mai fatto…e l’ho fatta due volte.
E’ qualcosa di cui non solo mi dolgo, perché “dolore” non è una parola abbastanza forte per descrivere ciò che sento per ciò che ho fatto.
Sono pentita per ciò che ho fatto. Piango i miei bambini. Sono in lutto ogni singolo giorno.
Ho raccontato la mia storia nella speranza che possa salvare anche solo una donna o ragazzina dal dolore soffocante che ho sentito tutti questi anni e che continuerò a sentire fino al giorno della mia morte.
Non lasciate mai che qualcuno vi dica che mettere una nuova vita al mondo, vi chiuderà le porte, perché è una bugia.
E non lasciate che nessuno vi dica che distruggere una vita attraverso l’aborto vi aprirà le porte o che vi aiuterà a realizzarvi maggiormente, perché queste sono bugie, le più grandi di tutte.
Eliminare i vostri figli dalla scena della vostra vita chiude le porte tra voi due…ma non tronca il legame.
E potete bussare a quella porta fino alla fine dei tempi, potete colpirla coi vostri pugni fino a vederli sanguinare, ma l’aborto sigilla quella porta.
La sola cosa che dona qualche speranza e dà sollievo al dolore è cercare e trovare la Misericordia e la Grazia di Dio, e la promessa della vita a venire.
Eppure, nonostante ciò, la mancanza, lo spazio vuoto lasciato dalla mancanza dei vostri figli, rimane.
E in quel vuoto, i desiderosi sussurri di ciò che sarebbe potuto essere, echeggiano senza fine, inevitabilmente, per il resto delle vostre vite.
Scopri di più da Annalisa Colzi
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