Gender e ginecofobia: sono le donne ad essere discriminate
di Sabino Sabini
(seconda parte)
Don Massimo; secondo lei l’affermarsi delle pretese di equiparazione degli omosessuali come cambia il ruolo della donna ed il suo rapporto con l’uomo?
Secondo questa cultura, il fatto di essere “donna” nel senso tradizionale, che legava insieme struttura biologica, naturale tendenza alla vita in comune con il partner maschile – intesa in senso non soltanto fisico, ma anche psichico e spirituale, quale integrazione di esseri complementari a tutti i livelli – maternità fisica e maternità spirituale, non avrebbe riscontro nella realtà, ma non sarebbe che una costruzione socio-culturale che la società di oggi deve rifiutare come non fondata in natura e perciò fonte di reazione e di discriminazione verso altri modi di essere e di sentire e di esercitare la sessualità.
In questa prospettiva il vincolo matrimoniale che unisce un uomo a una donna non sarebbe qualitativamente diverso. O in alcun modo privilegiato rispetto al vincolo matrimoniale che unisce due uomini o due donne. Ovvero anche più persone dell’uno o dell’altro sesso.
E se non c’è differenza qualitativa e privilegio, ovviamente non vi sarà alcun legame materno/paterno qualitativamente diverso fra una coppia biologicamente feconda e il figlio fisicamente da essa generato rispetto a quello che si crea fra due (o al limite più) persone dello stesso sesso e il figlio a loro affidato per adozione o generato per loro o per uno di loro in qualsiasi altro modo.
Se questo modo di intendere la sessualità, il matrimonio e la filiazione è corretto e fondato nella realtà; allora è obbligo che fin dalla più tenera età esso si insegni ai bambini.
Da qui l’idea di imporre questa visione della sessualità anche nelle scuole dell’infanzia?
Certo. Si dirà loro che essere donna (o uomo) non è un dato di natura, bensì una scelta psichica. Essi saranno perciò invitati a scrutare la propria tendenza. E a incominciare al più presto a fare, riguardo ad essa, una libera scelta. Eventualmente anche verso forme di tendenza sessuale varie e non catalogabili secondo le obsolete categorie uomo/donna.
In tal modo si sradicherà dalla loro psiche il pregiudizio che essere donna (o uomo) sia un fatto naturale; dal quale discenderebbe il privilegio di essere la vera naturale partner dell’altro “sesso naturale”; e la vera unica generatrice, e perciò madre, nutrice ed educatrice, della prole. Questo pregiudizio dovrebbe essere eliminato sul nascere. Poiché sarebbe causa di discriminazione verso altri orientamenti sessuali, per i quali ovviamente, in detta prospettiva, il ruolo di coniuge, padre e madre non potrebbe essere considerato se non “contro natura”.
Dunque, fin dall’infanzia i bambini dovrebbero essere avviati a considerare del tutto normale la transizione dal genere tradizionalmente legato al sesso biologico; al genere liberamente scelto – cioè dal genere femminile al maschile, o viceversa; ovvero dall’uno o l’altro a un nuovo genere di libera scelta – eventualmente anche con l’ausilio di cure ormonali o di interventi chirurgici.
Sappiamo che per una corretta crescita psico-affettiva i bambini hanno bisogno di un rapporto-confronto con la figura distinta del padre e della madre. Come cambierebbe questo rapporto?
Un altro pregiudizio che dovrebbe essere sradicato fin dall’infanzia è che il bambino avrebbe bisogno, per crescere psichicamente sano, delle figure tradizionali del “padre” e della “madre”. Cioè dell’uomo e della donna biologici. Se fosse così, ovviamente si reintrodurrebbe il privilegio della “donna biologica” rispetto ad altre figure parentali. Ma ciò sarebbe causa di discriminazione e perciò violazione di diritti di una o più categorie.
Non potendosi tollerare discriminazioni verso alcun gruppo particolare, diverso o minoritario in una società moderna e democratica, bisogna che i bambini siano educati fin dalla più tenera età a considerare del tutto uguale la convivenza di minori con due persone di sesso diverso; e la convivenza di minori con due (o più) persone dello stesso sesso, senza discriminazioni.
Se poi la condizione omosessuale – o eventualmente altra – non è più da considerare “innaturale”, non sarà proponibile alcun percorso “terapeutico” per il ritorno ad una condizione cosiddetta “eterosessuale”.
Ovviamente ogni transizione sarebbe lecita; purché sia ben chiaro che non c’è una condizione “naturale” privilegiata alla quale ci si debba orientare; e che perciò chi detiene una condizione di genere che coincide con quella biologica sia persuaso che può ritenerla esclusivamente come libera scelta e non come condizione naturale; che dunque deve accettare il principio di poter transire. Aiutato eventualmente dagli adulti di lui/lei responsabili, anche con opportune terapie, a qualsiasi altro orientamento.
(continua)
Prima parte articolo http://www.annalisacolzi.it/gender-e-ginecofobia-sono-le-donne-ad-essere-discriminate/
Articolo già pubblicato su La Croce Quotidiano del 12/02/2016
Immagine: http://www.iltempo.it/cronache/2015/06/21/il-family-day-contro-i-mammi-gay-1.1428671
Scopri di più da Annalisa Colzi
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.