“Per noi, quello che veniva tecnicamente definito embrione alla sesta settimana, era il nostro bambino”
Parte Seconda
Se da una parte la nostra carnalità diventa strumento di vita, dall’altra parte questa stessa carne porta la ferita di amore nata nel momento in cui ci separammo da Dio con il peccato originale. Su questo aspetto agisce la concupiscenza: prendere per soddisfare quel vuoto d’Amore che però, nessun uomo potrà mai saziare. Nemmeno i figli.
A noi genitori spetta il compito di custodire la vita, non di appropriarcene. I figli non sono un riempitivo, oggetti che soddisfano i propri desideri. Non sono i riflessi dei propri sogni. Non sono i sostituti di mariti assenti. Non sono strumenti di ricatto in relazioni affondate. Sono altro rispetto a noi. Unici e irripetibili come ogni uomo. Hanno un proprio progetto da compiere e a noi il compito di guidarli, con tutti i nostri limiti, verso quel progetto, non di rubarglielo per sostituirlo con uno brevettato dalle nostre fragilità.
Il quinto mistero della gioia del Rosario mi ha sempre incuriosito: Maria e Giuseppe, quando scoprono che Gesù è scomparso, senza perdere tempo in discussioni – “Dovevi guardalo tu!”, “No tu!” – rimangono uniti e orientati all’obiettivo: trovare il proprio figlio.
Un’altra coppia avrebbe trascorso un buon quantitativo di tempo nell’accusarsi prima di partire all’azione. Ma ciò che ha attirato la mia attenzione è il gesto di Gesù che, ritrovato, risponde di doversi occupare delle cose del Padre Suo. Gesù aveva un progetto personale, diverso da quello dei genitori che, pur non comprendendo, accettano.
Maria e Giuseppe hanno pienamente custodito il Figlio di Dio, rispettando il disegno che il Padre aveva su di Lui. Anche per i nostri figli, il Padre ha un progetto.
Anche per Samuele ne ha predisposto uno: quello di esistere e di giungere dinnanzi a Lui . Ma non è la meta finale a cui dovremmo tendere tutti? La nostra esistenza si completa alla Sua presenza.
Sapere che nostro figlio esiste e vive faccia a faccia con il Signore ci fa alzare lo sguardo e vedere che la realizzazione umana coincide con un disegno che non si esaurisce nell’arco temporale e materiale di questa vita, bensì lo comprende e lo supera. Scopriamo la nostra pienezza come uomini e donne in un progetto di Resurrezione.
Continua…
Scopri di più da Annalisa Colzi
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.