Dove va l’anima quando si muore? Tanti credenti ancora se lo chiedono
La domanda su dove va l’anima quando si muore, non è solo una domanda di chi non crede o non conosce bene il Vangelo e ciò che la Santa Madre Chiesa ci insegna. E’ una domanda che ahimè, anche tra i cristiani che si ritengono cattolici ferventi, sorge.
Non dovrebbe essere così in quanto un credente vero sa dove va l’anima dopo la morte; dinanzi a Dio per essere giudicata, anzi per giudicarsi, buona o malvagia; per poi cadere nell’inferno o entrare in paradiso o andare in purgatorio per potersi smacchiare dalle pene che ancora deve scontare per le colpe commesse.
Fatto questo breve riassunto, voglio approfondire questo argomento, così che tutti possiamo aver ben chiaro le cose che ci aspettano dopo questa vita.
Come baco che esce dal bozzolo
Il servo di Dio don Dolindo Ruotolo, paragona l’anima ad un baco di seta che esce dal suo bozzolo e lo lascia abbandonato. L’anima è tutta spirituale, ed esce dal corpo nella pienezza della vita dello spirito. Esce nella perenne giovinezza dell’immortalità, intelletto e volontà, che cercano il loro oggetto: l’eterna Verità e l’eterno Bene. E’ fuori del mondo, e come razzo spinto in alto, tende a Dio solo, unico suo fine.
L’anima però ha i suoi pesi ed i suoi trofei, oppure solo trofei o solo pesi, dipende appunto dalla vita che ha condotto. Quindi come ho già detto all’inizio; si troverà dinanzi alle azioni della sua vita, e saranno esse a determinare il suo verdetto.
In questa vita tutti sembriamo onesti e addirittura santi, ma lì dinanzi alla Verità Assoluta, vedremo ciò che siamo veramente. Questo è quanto accade all’anima quando si muore.
A Napoli dicono, con espressione scultorea, che la coscienza è comme ‘a pellecchia, cumme ‘a tira accussi se stennecchia, ossia, in italiano: « la coscienza è come la pelle, come la tiri così si distende ». Ma nella luce della Eterna Verità, l’anima si riconosce per quello che è, con un’evidenza che non può trovare scuse o giustificazioni. E’ una sorpresa che è terribile se l’anima è in peccato mortale, perché il peccato la rende orrendamente sfigurata; è una sorpresa sconcertante per la confusione, se l’anima è in grazia di Dio, ma è macchiata di piccole colpe, ed è deformata dalle imperfezioni. L’anima dannata è come un peso che tende ad inabissarla, pur sentendo la naturale spinta verso Dio; l’anima in grazia è come un razzo che è spinto verso l’alto, ma che ha un razzo vettore che non la può spingere fino a Dio, perché non funziona, è inceppato, non scoppia. L’anima perciò tende non all’abisso, che è il contrapposto della gloria, ma tende a purificarsi, e riguarda come un dono il potersi purificare, sia pure con spasimi gravissimi. (Don Dolindo Ruotolo).
L’anima quindi dipende dal peso della sua coscienza. Se muore in peccato mortale, cade nell’abisso dell’inferno, dove ci sono terribili pene che soffrirà eternamente. I peccati sono talmente pesanti da non permetterle di sollevarsi al cielo. Perciò si genera in lei l’odio, vorrebbe elevarsi verso il Paradiso per naturale slancio di creatura che tende a desiderare e volere Dio ma non riesce perché non può più e non le resta altro da fare che disperarsi e questa stessa disperazione la rende, violenta, tormentosa, ripugnante e malvagia.
L’anima in grazia ma ancora macchiata, è come colomba dalle ali spezzate, che non può volare, ma tende a Dio con l’amore, per lo stato di grazia che l’attrae a Lui, e cerca il modo di purificarsi, implorandolo dalla sua misericordia. Infine, l’anima in grazia che ha scontato ogni pena dei suoi peccati, già sulla terra (soffrendo la povertà, il dolore, la malattia, con rassegnazione e amore, offrendo a Dio mortificazioni, vivendo i sacramenti e le virtù cristiane) è come un’acquila che vola in alto verso il cielo, incontro ad orizzonti bellissimi ed infiniti, per gustare le meraviglie di Dio ed il suo eterno amore che sarà per sempre.
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