All’inizio della mia vita c’è Dio
IL NULLA è il tema fondamentale da cui incomincia l’esperienza umana: l’essere o il non essere, il tema della gratuità o casualità o fatalità della mia vita.
Sono pensieri questi che di solito non si avvertono perché siamo impegnati con le cose, col fare, non abbiamo tempo di porci dei grossi quesiti, ma effettivamente questo è il pensiero primo con cui comincia la vita umana in noi.
Io sono incominciato dal nulla, prima di me c’era il nulla, infatti non c’ero prima, prima del tal giorno non c’ero ed ho cominciato ad esserci uscendo dal nulla.
E quando noi pensiamo a qualcuno che non c’è più ce ne accorgiamo; la morte è il segno del nulla e lo si sperimenta forte quando magari avevi la mamma e poi non ce l’hai più, entri in casa, chiami e non c’è più e così il padre o il fratello o la sorella.
Il nulla è il mio confinante.
Il primo dato elementare dell’esperienza umana è questo: non c’eravamo e poi ci siamo, ci siamo e poi non ci saremo: il fatto del nascere e del morire su cui noi non abbiamo tempo di riflettere; ce ne accorgiamo, se ce ne accorgiamo, siamo nati senza accorgercene, molti muoiono senza accorgersene.
Allora sta di fatto che io ci sono mentre prima non c’ero, ci sono e scomparirò.
A me importa moltissimo che voi abbiate il coraggio di arrivare giù, in fondo, alle fondazioni, per chiedere a voi stessi: “Signore, come mai ci sono anziché non esserci? Perché ci sono? Non c’ero, ci sono, non ci sarò; perché, Signore?
Ci sono: è un fatto prodigioso; non è mica stato necessario che io ci fossi, figlioli cari, potevo non esserci. Come mai ci sono?
Perché ci sono e non ci sarò? Perché questo mio essere è comparso al mondo, se devo starci un po’ e poi scomparire? Quanta gente del secolo scorso non c’è più; cosa c’è stata a fare? Nel prossimo secolo cosa importerà se il tal dei tali c’è stato? Saranno scomparse anche le lapidi, perché un po’ ce le lasciano, ma dopo le buttano via.
Fra 100, 200 anni le nostre lapidi non conteranno più niente. Costui chi era? Mah!
Questo è collocarsi in una posizione genuina tipicamente umana: un’isola tra il nulla, un nulla prima, un nulla dopo, un’isola emergente chissà da dove, un’isola che è emersa, ma che sarà sommersa.
Donde allora l’interrogativo fortissimo: perché ci sono? Cosa ci sto a fare? Come posso salvarmi dal nulla?
L’interrogativo è tremendo; molti lo sciolgono evitandolo e contentandosi di vivacchiare.
Voi tutti capite che se quest’isola è emersa dal nulla e sarà sommersa dal nulla, se in altre parole io sono un orfano abbandonato, se io penso che il nulla mi si spalanca davanti e che io sono abbandonato alle forze della natura, alla forza della materia che dentro di me adesso si svolge benino perché sto bene, ma il giorno in cui comincia a logorarsi, come avviene alle macchine, come succede al vestito che più lo si usa più diventa liso, cosa sarà di me?
Finirò fatalmente nel niente.
Se dunque credo che sono vittima di forze che giocano dentro di me, che io non ho inventato, a cui sono abbandonato, è chiaro allora che la vita è solo un viaggio sconfortante verso una determinazione priva di significato.
“Sono – diceva uno scrittore francese in un recente romanzo – sulla nave che è destinata all’affondamento”. E’ tutto lì. E aggiunge ad un certo momento: “Vivo presso il mio nemico”, che è il corpo, perché fra poco ci sarà un piede che non funziona, comincia la necrosi e quel piede lì mi farà morire.
Siamo dunque abbandonati al gioco, alla fatalità, all’evoluzione capricciosa di queste forze che portiamo addosso, come il nostro corpo, oppure delle forze che ci stanno attorno?
Ecco, questo è il grande rischio.
Oppure siamo lasciati a forze magiche fuori di noi, che dispongono di noi, irriconoscibili, sulle quali è inutile fare ricerche perché sono più potenti di noi, come quando noi passiamo e calpestiamo una formica ed è tutto finito? Come per tante formiche è così per noi, su cui si scatenano forze primordiali magiche, che fan di noi quel che vogliono, e noi siamo lì alla mercé?
Ed ecco allora che abbiamo trovato queste dimensioni, abbiamo scoperto questi problemi che intaccano l’essere tutto, tutta intera la vita.
Quando uno si è posto questo problema comincia a mettersi alla scuola del Signore.
Il Signore è venuto per darci la risposta, non è venuto per dirci: siate bravi, non siate cattivi, fate il bene, non fate il male; non è venuto per portare un’etica, per renderci dei galantuomini o per rendere la nostra vita sopportabile.
Il Signore è venuto prima di tutto come maestro, come luce, proprio per rispondere a questi quesiti terribili, messi dentro la nostra natura.
Il suo primo compito è di spiegare; Lui che creò venne a spiegare quello che fece, venne a svelare i piani con cui fece e poi a dare una mano a costruire il progetto insieme a noi.
S.E. Card. Ersilio Tonini
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