Il sesso, Satana e la fede ritrovata
Fede ritrovata
Mi chiamo Fabio, ho sei anni e sono un bambino come tutti gli altri, forse un po’ più vivace, ma ho tutto ciò che serve per crescere in salute e serenità: una buona famiglia, una sorellina appena nata, amici di quartiere e tanta spensierata voglia di giocare in questo mondo per conoscerlo.
In Sicilia è una calda notte d’estate d’inizio Agosto, il cielo è sereno e c’è una luna che irradia una luce quasi come fosse giorno, la mia sorellina dorme serena in culla nella stanza con i miei genitori, io invece sto dormendo con le finestre aperte nella mia stanzetta, e durante la notte mi sveglio, non so che ore sono, so però, che non ho voglia di aprire gli occhi perché ho tanto sonno e il giorno è ancora lontano, ma c’è qualcosa di strano, qualcosa che non mi fa riaddormentare, sono qui nel mio letto, a pancia in alto, coperto dal mio lenzuolino e sento una forza, un’incredibile forza che cerca di aprire i miei occhi, sono piccolo però e non capisco, anzi, m’impaurisco e strizzo forte i miei occhi per cercare di non aprirli, la paura e tale da stringere le mie braccia attorno alle mie gambe, rannicchiandole verso di me, ma non resisto, la forza e tale da aprire quei piccoli e innocenti occhi, e allora cedo, li apro.
Lì, sulle soglie del balcone aperto, proprio vicino la tenda che mia madre ha accuratamente chiuso per la notte, vedo una Signora, vestita tutta di bianco, le sue vesti sono candide e la sua pelle luminosa come la luna, è giovane, magra, ed è bella, molto bella, un viso sottile e lucente con il capo coperto da un velo. Ma io ho paura, tanta paura, allora richiudo immediatamente gli occhi e mi giro cosi come mi trovo, rannicchiato con le gambe fra le mie braccia, dall’altra parte. Ma la forza è ancora lì, non va via, non mi lascia dormire. La Signora forza ancora i miei occhi e io torno ad aprirli senza riuscire a resistere. Questa volta è lì accanto a me, proprio dal lato in cui mi sono girato.
Dallo spazio che si crea fra il mio braccio e le mie gambe rannicchiate, vedo la sua veste, bianca, candida e luminosa, che arriva fin giù sul pavimento, ma questa volta c’è di più, la sua mano è poggiata proprio sul mio braccio. Allora per un attimo guardo quelle sue bellissime dita, sottili, luminose e candide, poggiate su di me, ma solo per un attimo, la mia paura è troppo grande e torno a chiudere immediatamente gli occhi.
Ed è in quel momento, che sento svanire quella misteriosa forza che non mi faceva dormire e che ha aperto i miei occhi, allora decido finalmente di aprirli da me, per veder se è ancora lì, ma non c’è più, è andata via, non c’è più luce nella stanza se non quella della luna che risplende ed entra soffusa attraversando la tenda.
Allora mi alzo, corro dritto nel letto dei miei genitori, e senza dir nulla mi addormento lì, al sicuro, fra le gambe di mia madre e mio padre.
Comincia cosi la mia storia con la fede, una fede dimenticata ma anche una fede ritrovata. Ma questo avvenimento appena raccontatovi, lascerà un segno indelebile, nella mia anima e nella mia mente. Segno che ritornerà ogni qualvolta ce ne sarà bisogno, e che ogni volta il mio cuore, durante i miei numerosi errori, richiamerà a se ricordandomi: non temere, Io sono accanto a te.
Cresco bene e in salute, divento sempre più vivace e allegro. Grazie a mia madre che è una buona cristiana, frequento la Chiesa, ricevo la prima comunione, faccio il chierichetto, ma a causa della mia vivacità e della sua estrema bontà, non riesco ad andare avanti sino a ricevere la cresima. Presto divento un adolescente e inizio a soli tredici anni, nella mia estrema vivacità, a sperimentare strade pericolose, ma devo dire che purtroppo, in quegli anni, siamo nel 1998, molti adolescenti e giovani le percorrono già, inizio cosi, con e come tanti altri giovani a fumarmi le canne.
In un attimo arrivo a sedici anni e inizio ad essere svogliato a scuola, non studio, divento sempre più un ribelle che inizia a riempire il proprio ego: io posso tutto e voglio fare tutto senza dover stare a sentire ciò che dicono i miei genitori, né tantomeno i miei professori.
Dopo le canne, ancora in piena età adolescenziale arriva l’alcool, la cocaina, e con essa viene anche l’anfetamina, l’ecstasy, l’eroina e ogni tipo di droga sintetica o allucinogena.
Ormai ho quasi ventisette anni e la mia vita spericolata, ha già percorso ben tredici anni, sì, mi sono tanto divertito, sarei un falso a dire il contrario, ma ho rischiato la vita più volte, e in tutto questo divertimento spericolato, ho fatto soffrire i miei genitori e con loro anche persone vicino a me. Ma la mia vita sta per prendere una svolta, una direzione diversa da quella che io gli ho dato.
Prima che accada ciò, però, il Signore vuole sanare un dolore, una ferita che porto nel cuore da tanto tempo, immerso infatti in innumerevoli peccati, c’è ne uno in particolare che si muove dentro la mia coscienza e che mi perseguita da ben sette anni.
Avevo diciannove anni allora ed era un periodo abbastanza felice, la mia vita era accompagnata da una ragazza, bella e giovane, ha soli tre anni in meno di me, ne ero innamorato e lei era innamorata di me, eravamo dolcissimi insieme, stavamo bene, ma il male, che faceva parte della mia vita, anche se io non lo riconoscevo come tale, stava per colpire ed insidiarsi fra di noi, per distruggere il nostro legame e creare cosi delle ferite in entrambi. Infatti, la ricerca di sensazioni forti era irrefrenabile, e al presentarsene delle nuove non riuscivo a rifiutarle, rispondendo poi alle loro conseguenze.
Mentre frequentavo lei, vengo sedotto da una ragazza più grande di me. Questa donna aveva ventisei anni e non aveva niente a che fare con la mia ragazza, la mia lei infatti era dolce, pura, vergine, mentre quest’altra, che sarebbe diventata la mia amante, era tutto il contrario: spudorata, provocante, manipolatrice, e aveva avuto già tanti uomini, ma aveva sempre rovinato i suoi rapporti a causa dei suoi continui tradimenti, restava quindi uno spirito libero. Ma era bella, molto bella, talmente bella da esser desiderata e conosciuta da tutto il paese, tanto bella da non riuscire a credere che avesse scelto me, perché, io, così brutto rispetto a lei, così piccolo, ero talmente incredulo da pensare che le sue attenzioni nei miei confronti fossero una presa in giro.
E invece no, lei non scherzava, voleva me e doveva avermi a tutti i costi.
Una donna così ottiene sempre ciò che vuole, e nonostante la mia ingenuità, riesce dopo alcuni tentativi a condurmi nel suo letto, letto che si rivelò bollente per me, mi ritrovai infatti, a fare cose che mai avrei immaginato, o almeno che la mia inesperienza mai avrebbe pensato di soddisfare. Fu proprio in quel letto e in quegli incontri segreti, all’insaputa della mia ragazza, che fu danneggiata completamente la mia anima, la stavo sporcando troppo, ma non me ne rendevo conto, me ne accorsi solo quando commisi un grave peccato, quello che marchiò la ferita nella mia coscienza e nel cuore della mia lei.
In poco tempo mi abituai a quelle perversioni sconvolgenti che soddisfacevo con la mia amante iniziando a perdere tutto l’amore puro che avevo per la mia lei, addirittura al punto di esigere ciò che non avevo mai preteso fino ad allora e che rispettavo con tanta dolcezza: la sua verginità.
Lei aveva paura e chiedeva il suo tempo per prendere una decisione cosi importante, ma io ero ormai stregato, stregato da tutte le sere peccaminose passate con la mia amante e pretendevo avere la stessa cosa dalla mia lei. Non ottenendo alcun risultato la lasciai, e fu lì che lei si decise, purtroppo decise di darmi ciò che più caro ha ognuno di noi, la sua verginità.
Ora mi starete un po’ odiando per questo, lo so, mi sono odiato tanto anch’io, io che nel frattempo vedevo crescere mia sorella, che aveva compiuto tredici anni.
Ma ormai devo andare avanti e devo farmi odiare ancor di più da voi che mi state leggendo.
Quella notte la ricordo bene, bene come la visita della Signora vestita di bianco. Lei era impaurita, tremava, ed era lì per me, io avevo finalmente ottenuto ciò che volevo. Lei si era presentata a me come un regalo, ben incartato e con un fiocco rosso di seta ben annodato. Io anziché aprir con dolcezza quel fiocco, stracciai presto la carta che avvolgeva quel regalo tremante e impaurito, e insoddisfatto dalla sua poca esperienza, la abbandonai subito dopo, l’indomani stesso, non rivedendola mai più. D’altronde, traviato dal peccato volgare della mia amante: come potevo riconoscere tutta quella dolcezza concessami in quel gesto che era anticipato da una scelta così difficile? Come potevo aver sensibilità se molte notti mi univo a una lussuriosa donna, che m’insegnava tutto tranne che dolcezza e tantomeno purezza?
Lei ferita e abbandonata in poco tempo cambiò la sua condotta, e da dolce, pura, gentile che era, divenne una dominatrice. Vedendola in giro per il paese mi ricordava tanto una persona con quei suoi movimenti e quei suoi modi di fare, la mia amante. Allora mi resi conto in breve tempo, che avevo creato una fotocopia del male, non vi era molta differenza fra loro, e ogni volta che la vedevo in azione, era come se mi trafiggessero l’anima.
A distanza di sette anni il Signore, compie il miracolo che ognuno di noi recita nel Padre Nostro:
rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Ero debitore verso di lei, lei che mi aveva amato tanto, al punto da concedermi ciò che io avrei brutalmente preso senza alcuna sensibilità. Nel 2011 quindi, inizio a maturare il desiderio di fuggire dal mio paese e da quella vita peccaminosa e vuota.
Facevo il Deejay allora, avevo intrapreso per passione quest’attività che mi teneva impegnato e mi faceva ricavare qualche soldo per mantenere i miei sballi. In una delle mie serate, in quell’anno, vidi lei, la mia ex ragazza, la mia ferita, il mio debito, e dopo tutti quegli anni la situazione non era cambiata, anzi, si era radicata.
Nel vederla era come se quel coltello trafitto nella mia ferita venisse rigirato per aprire ancor di più quel taglio nella mia coscienza, nella mia anima. E’ proprio in quel momento che presi una forte decisione, decisione che a parer mio venne sostenuta dallo Spirito del Signore, che legge sempre dentro i nostri cuori. Mi dirigo allora verso di lei e, prima che essa lasci il locale, deciso, le sussurro in un orecchio:
“Se vai a casa non salir su, aspettami giù, vengo a prenderti”.
Non avevo più il suo numero, non avevo più tanta confidenza con lei e tantomeno non volevo parlar con lei dopo tutti quegli anni, lì, in mezzo al caos. Lei se ne andò difatti senza dir nulla. Allora mi diressi sotto casa sua, e meravigliosamente la trovai lì.
Salì in macchina. Era da tanto tempo che non parlavo con lei. Appena pronunciò la prima frase quasi non la riconobbi. L’avevo lasciata dolce e innocente, pura e gentile, buona ed educata, ed ora le prime parole che uscirono dalla sua bocca furono:
“Che vuoi! Lo so che cerchi, tu vuoi far sesso con me!”
Sentii ancor più dolore al sentir pronunciare quelle frasi, decise, fredde, sicure, piene di rabbia. Con l’anima ferita, risposi immediatamente e le dissi:
“No! Non sono qui per questo, sono qui per chiederti scusa.”
In pochi minuti le raccontai tutto l’accaduto: del mio senso di colpa, della mia amante, di quei sporchi peccati che avevano stimolato la mia fredda costrizione, e che mi dispiaceva, mi dispiaceva profondamente, ed ero pienamente pentito di ciò che avevo commesso ben sette anni prima.
Lei mi guardò negli occhi e mi disse:
“Va bene ho capito, tu vuoi fare l’Amore con me!”
Mentre lo diceva la fissavo negli occhi, e non li dimenticherò mai. Da quello sguardo cattivo, duro, deciso e volgare con cui mi si era presentata all’inizio, ritrovai finalmente gli occhi di una volta, era infatti dolcemente tornata come sette anni addietro, aveva abbassato quel muro che la sofferenza e la delusione avevano costruito. Penso che la potenza della mia pentita confessione e del suo perdono, abbia ottenuto quell’effetto straordinario.
Fu una notte bellissima, in un attimo tornò tutto l’amore di una volta, sembravamo due sposini alla loro prima notte di nozze. Ora immagino anche, che giustamente, i più religiosi staranno pensando che tutto ciò non era necessario, che la serata poteva finire dopo la confessione e che lei non era mia moglie e quindi non mi era permesso, era peccato.
Io la vedo così:
Quella sera il Signore mi concesse di rimediare a un peccato in un atto puro d’amore, atto d’amore che serviva per riscattare un errore fatto sette anni prima, e che avrebbe sanato e guarito ogni ferita. La conferma sta proprio nel come vi ho descritto i fatti e per come continuerò a descriverli. Ci risvegliammo l’indomani mattina nello stesso letto, insieme, ancora abbracciati come due sposi. Un particolare mi rimase impresso, che è per me molto importante, perché racchiude tutto l’amore di quell’atto riparatorio. Ci eravamo addormentati così, abbracciati, con la sua testa poggiata sul mio petto avvolta dal mio braccio sinistro, per tutta la notte. Lei aprì gli occhi di primo mattino, mi baciò e mi disse:
– Buongiorno! Ma come hai fatto a tenermi tutta la notte abbracciata? Non ti si è addormentato il braccio?
E io le risposi:
– No! Non so come, ma ho dormito benissimo e il mio braccio sta bene.
Allora ci alzammo e dopo aver fatto colazione, ci salutammo e tornammo alle nostre famiglie.
Finalmente non avevo più quel peso sulla coscienza, avevo confessato tutte le mie colpe e speravo dal profondo del mio cuore di vedere anche cambiare la sua vita, cosa che avvenne quasi immediatamente. Dopo breve tempo conobbe un ragazzo che, guarda caso, si chiama Fabio come me. Ora sono felicemente sposati e la vita sregolata di prima, non è che un ricordo ormai.
Ero finalmente quasi pronto per accogliere, ma senza rendermene conto, il progetto di conversione del Signore sulla mia vita, quasi perché interverrà in modo deciso su un’altra situazione.
E’ il 2011, ho 26 anni e sono felice a momenti, il mio hobby da dj/spacciatore mi intrattiene ma senza grossi risultati, alla fine ciò che cerco è una vita normale, come tutti gli altri. Cresciuto in una buona famiglia, forse non mi rendo conto, fra tutti quegli eccessi, di desiderare un lavoro e una casa tutta mia, una vita senza ansia, senza pericolo, senza male. Ne prendo piena consapevolezza in una delle mie serate da dj, una, a cui tengo tanto, una nella quale ci sono più di 6000 spettatori. Ho faticato molto per parteciparvi, sono infatti vincitore di un concorso a votazioni che mi ha portato al secondo posto in classifica, sono quindi fiero di esibirmi a questo evento.
Ma proprio in questo giorno cosi importante mi rendo conto che i miei desideri sono contrari al mio presente, forse la mia anima e il mio cuore stanno cercando di gridare che non sono nella giusta via. Mentre sono sul palco, con la gente che mi acclama e gli amici del momento vicini, nel centro dell’evento, il mio sguardo si fissa sulla pista e, in mezzo a tutti quei giovani che hanno all’incirca la mia età, ma la maggior parte anche un po’ meno, focalizzo una serie di individui che hanno molti più anni di me, superano infatti i 40 anni, ed è allora che faccio questo pensiero segreto:
– Io non voglio far la fine di queste persone. Hanno un’età in cui me li immagino a casa dai loro figli, o comunque in ambienti diversi da questi. Non, ancora alla ricerca di sensazioni forti fra i giovincelli a caccia di qualche ragazza 20 anni più piccola di loro. No! Io non lo voglio.
E mentre facevo questo pensiero, un’angoscia affiancata da una tristezza immensa travolge il mio cuore e il mio ventre. Mi portai quell’angoscia a casa e mi chiedevo sempre più:
– Che cosa devo fare di questa mia vita? Così non si può andare avanti.
Pochi giorni dopo
mi ritrovo con mio zio a chiacchierare del mio presente, e raccontandogli in breve che non lavoro, ma semplicemente che tiro a campare facendo qualche soldo qua e là con diversi lavoretti settimanali e stagionali, aggiunti all’hobby poco fruttuoso da dj, lui se ne esce con una frase, una frase che mi darà una forza e una direzione incredibile:
– E che fai ancora qui? Vattene via. Vai a Parma.
Confermo sempre che in quell’incontro era presente lo Spirito Santo, perché non avrebbe secondo me, tanto senso questa frase. Razionalmente potremmo pensare a uno zio che cerca di aiutarmi, ma se lui abita a Pordenone, mi avrebbe invitato da lui, e avrebbe potuto farlo. Invece mi dice di partire per Parma, la stessa città da dove ha iniziato lui tramite un aiuto.
Inizio allora fortemente a maturare e a materializzare questi fatti, questa frase:
– Io devo andare a Parma ed è lì che la mia vita cambierà.
Qualche giorno più avanti parlando con due mie care amiche esse mi propongono:
– Perché non andiamo a Parma a cercare lavoro? Abita lì mia sorella, potrebbe aiutarci all’inizio.
Rimango stupefatto, quel progetto segreto che è partito dal mio cuore si conferma ancor di più, anzi a questo si aggiungono due care amiche che mi danno ancor più forza e determinazione, l’unione fa la forza.
Inizio a progettare tutto nei minimi dettagli, m’informo sulla città, traccio una mappa ben dettagliata che mi segnala tutte le agenzie del lavoro, prenoto un ostello della gioventù che mi ospiterà, spero per il più breve tempo possibile, con la prospettiva di trovare subito un alloggio.
In breve tempo concretizzo tutto, ma le mie amiche che sono cosi pronte all’idea di partire con me, e che mi hanno dato ancor più forza nelle fasi preparatorie alla partenza, si ritirano improvvisamente, il motivo non ve lo so dire, forse paura, forse insicurezza, o forse semplicemente non è la loro strada, e magari la loro presenza in queste poche settimane di preparazione è servita solo a rendermi ancor più determinato, chi lo sa, solo Dio può saperlo. Ma sono deciso, ormai ci sono dentro, sono a un passo dal cambiare la mia vita e niente e nessuno mi fermerà. Vivendo nel male però non posso che progettare nel male confidando in esso aiuto, aiuto che ricerco tramite l’accumulo di un po’ di soldi facili per poter così finalmente partire. Progetto allora un piano, un ultimo piano che alla sua riuscita, e dopo anni di esperienza sono quasi certo di riuscirvi, mi frutterà un po’ di soldi in più, che mi saranno molto utili alla mia partenza.
Il mio piano è ben studiato
Infatti con la scusa di accompagnare mia nonna ad una visita periodica a 100 km di distanza dalla mia città, organizzo un incontro lì, per ritirare la droga che poi rivenderò. Quale migliore copertura di questa, di buon mattino, con un’anziana donna, mia madre e un amico che mi fa compagnia, il mio piano, come al solito è perfetto. Il Signore però, a mia insaputa sta lavorando su di me, e sta cambiando il destino che io ormai da anni scrivo con prepotenza e sicurezza. Sono le sette del mattino, mi trovo in autostrada, tutto procede nella norma e siamo in perfetto orario, mia nonna dorme accanto a me che sono alla guida, mia madre è dietro e sta pregando il Rosario, lo fa spesso ma mi chiedo sempre a cosa serva, il mio amico è accanto a lei, sono in corsia di sorpasso su un lungo rettilineo, sto sorpassando ben tre macchine e due camion, d’un tratto l’imprevisto, quasi alla fine del sorpasso, mi trovo quindi ancora in corsia di sinistra, vengono fuori improvvisamente dal guard-rail due grandi pastori tedeschi, sono sicuramente entrati in autostrada dall’autogrill che sto sorpassando, ma non li vedo fino all’ultimo secondo, ho infatti la visuale coperta dall’ultimo camion che si trova alla mia destra e sono ad una velocità di 130 km orari, d’istinto freno un bel po’ ma appena mi rendo conto che non c’è più nulla da fare mollo il freno, tengo forte lo sterzo e travolgo i due cani con la mia auto. La macchina si solleva leggermente dal lato destro a causa di uno dei cani finito proprio sotto le due ruote sinistre, sento mia madre pregare più forte, il veicolo inizia a sbandare, sbatto con la fiancata sinistra sul guard-rail e salta via uno specchietto, poi, il miracolo, la macchina si raddrizza e riprendo il controllo. Siamo salvi.
Immaginate cosa sarebbe potuto accadere se la macchina si fosse ribaltata, o anche solo se avesse iniziato ad andare in testa coda durante un sorpasso in un’autostrada a due corsie, lasciò a voi l’immaginazione. Accosto, la macchina non può proseguire, perde dell’olio, lo sterzo è rigido, devo per forza tornare indietro, il mio piano “perfetto” è saltato. Il corso degli eventi che ho progettato è stato modificato, forse è un avvertimento, o forse è semplicemente un indirizzarmi là dove il Signore mi vuole, le cose infatti stanno ancora per essere stravolte. Non mi arrendo, ho un carattere molto tenace. Rientro in città e organizzo subito un incontro per completare il mio acquisto in sede, mi frutterà qualche soldo in meno visto che non sono riuscito a incontrare la mia fonte, ma non manderà perlomeno tutti i miei piani per aria. Manca ormai poco alla partenza, pochi giorni e dovrò salpare sulla nave che ho prenotato. Questo secondo incontro va a buon fine, finalmente sono riuscito a prendere la droga che smisterò in pochi giorni. Preparo le dosi, è venerdì, ho anche una delle mie ultime serate da dj che mi aspetta, ricevo tantissime chiamate durante la cena in casa, sono pronto, prendo le dosi ed esco. La mia macchina è dal meccanico, devo ripararla al più presto, mi dovrà portare a Parma, prendo allora quella di mio padre per uscire. Saluto e vado via, mi dirigo al parcheggio, penso:
– Faccio le mie consegne e poi vado dritto al locale, devo montare l’attrezzatura da dj.
Sono davanti all’automobile, pigio il tasto di apertura centralizzata, mi accingo allo sportello, ma succede qualcosa d’inaspettato, qualcosa a cui non riesco a credere:
– Com’è possibile che stia accadendo tutto ciò?
Sento alle mie spalle delle gomme d’auto fischianti che si sono fermate proprio dietro di me, ormai ne sono certo, so cosa sta per accadere, è un attimo, sento uno sportello che si apre e subito una voce:
– Polizia! Documenti e mani bene in vista, dobbiamo perquisirla!
Trovano le dosi che ho in tasca, è una quantità tale che permette loro di procedere con una perquisizione più approfondita, ci dirigiamo tutti verso casa mia. Il mio cuore batte a mille, so quale dolore sto per portare in casa:
– Con quale faccia guarderò i miei genitori che intanto si sono già accorti di qualcosa?
Sono stati anche loro attirati dalle frenate improvvise della polizia e hanno seguito tutto dal balcone di casa. Arriviamo su, mia madre piange già, mio padre cerca di capire cosa sia successo, mio zio impreca a mio favore contro i poliziotti ripetendo questa frase:
– E’ colpa dello Stato e della disoccupazione se i nostri giovani cedono a queste cattiverie!
Lasciatelo stare è un bravo ragazzo.
Mi chiudono nella mia stanza con uno di loro, questo mi chiede gentilmente di consegnargli l’altra droga perché altrimenti devono mettere la casa a soqquadro, ubbidisco e l’incubo continua. Esco dalla mia stanza, mia madre piange ancora, non riesco neanche a guardarla e sento nel cuore il dolore che le sto causando. E’ l’ora di andare, andare là dove mai avrei pensato di finire, là dove uno dei miei più grandi idoli, Vasco Rossi, che mi ha insegnato a vivere una vita spericolata, lo descrive in un suo testo come un posto dove non arrivano gli angeli a insegnarti la strada buona, forse perché la strada buona si è ormai persa, o forse perché è consapevole che ormai è troppo tardi per cercarla. Fatto sta che gli angeli verranno e mi mostreranno così quella strada, e faranno decadere anche questo mio grande idolo con il suo stile di vita da me seguito e imitato. Mi danno il consenso di preparare un solo cambio, qualche cosa di essenziale e uno spazzolino da denti. Via, si parte per il carcere. Mia madre non smette di piangere, mio padre invece mi stupisce, mi dà subito un accenno di cambiamento in lui, qualcosa è cambiato. Mio padre è sempre stato un tipo molto severo, un po’ iracondo, duro e deciso nelle punizioni, ma negli ultimi anni, mia madre è riuscita a trascinarlo con sé in un certo gruppo della Chiesa, non so come si chiama, vedo però che è molto più docile e gioioso, e in quel momento, in quel preciso istante, dove in passato avrei visto tutta la sua piena rabbia e ira, e avrebbe pronunciato quasi sicuramente questa frase:
– Ben ti sta! Cosi impari la lezione.
Mi sconvolge, mi mostra per un attimo un cambiamento e un atteggiamento che mi incuriosiscono molto, e su cui rifletterò successivamente. Si avvicina a me con gli occhi sorridenti e mi dice:
– Non preoccuparti, andrà tutto bene, vedrai che presto sarai di nuovo casa.
Mi abbraccia e poi seguo mortificato i poliziotti.
Salgo in macchina, la strada è breve, dopo un piccolo interrogatorio mi scortano fin dentro il carcere, scendo dall’auto e, la prima persona che incontro, la guardia carceriera, è un amico d’infanzia di mia madre, lo conosco bene e lui conosce bene me, mi ha visto crescere e subito esclama:
– Oh Gesù! E tu che ci fai qui dentro?
Dopo avergli spiegato in breve la mia bravata, mi guarda e dice:
– Mi dispiace, da te non me lo aspettavo. Vieni, ci penso io. Ora purtroppo però devo seguire la procedura. Mettiti nudo e consegnami i lacci delle tue scarpe.
Seguo gli ordini e poi vengo messo in isolamento per tutta la notte. E’ una lunga notte, non dormo e sono molto triste, penso a mia madre. Di buon mattino vengono a prendermi, mi spostano in una cella comune, siamo in sette su tre metri quadrati, sono tutti più grandi di me e non so chi sono, cosa hanno fatto, non so come comportarmi.
Uno di loro, il più giovane, mi guarda e mi dice:
– Che cosa hai fatto?
Gli spiego subito l’accaduto e continua:
– Stai tranquillo! Fra qualche giorno tornerai a casa. Non ti hanno lasciato niente vero? Ti hanno sequestrato tutta la roba. Lo fanno sempre. Tieni! Qui c’è lo spazzolino nuovo e un paio di pantaloncini se vuoi stare più comodo. Hai fatto colazione? Prendi un po’ di caffè e mangia pure una brioche.
Che strano, sono in carcere e mi stanno accogliendo come fossi a casa loro, mi stanno consolando e trattando come un ospite atteso. Ne ho veramente bisogno in questo momento. Nei giorni a seguire, nei pasti successivi, mi hanno sempre cucinato loro, non hanno mai permesso che io mangiassi la roba che dà il carcere, sempre ottimi piatti, fatti con amore e serviti con estrema gentilezza e premurosità, non mi hanno fatto neanche lavare i piatti. Sono un ospite a tutti gli effetti.
E’ la terza notte, l’ultima notte a mia insaputa, non riesco a dormire, allora scendo dal letto a castello, mi metto a sedere su uno sgabello che i carcerati tengono vicino la porta d’ingresso, appoggio un piede sulle grate della porta, accendo una sigaretta e punto lo sguardo sulla foto che si trova di fronte a me, il volto della Madonna di Fatima, che è meravigliosamente illuminato dal chiaro di luna che entra dalla finestra. Guardo la Madonna e pensando a mia madre mi rivolgo a Lei, Lei che venne a trovarmi quando ero bambino:
– Madonnina mia cara, chissà come sta soffrendo mia madre in questo momento. Solo tu puoi capire la sofferenza che sta provando, tu che hai visto morire tuo figlio. Ti prego Madonnina mia, stalle vicino e consolala.
Non mi resi neanche conto che stavo pregando, pregando per mia madre. In quel momento di sofferenza, dove tornava in mente questo strano incontro con la Madre Celeste, la stavo supplicando di star vicino a mia madre per alleviare le ferite delle mie colpe. Tornai a letto ed arrivò subito mattino.
Verso metà mattinata mi scarcerarono, il mio avvocato aveva infatti patteggiato la pena con gli arresti domiciliari in attesa di giudizio, grazie anche alla presentazione al giudice dei miei appunti pre-partenza (mappa delle agenzie del lavoro, biglietto della nave e prenotazione ostello della gioventù), evidenziavano il fatto che, anche se nel male, il mio era un tentativo di fuggire da quella triste situazione. Ricevetti un permesso breve che mi costrinse a dirigermi immediatamente e nel minor tempo possibile in casa. In un batter d’occhio arrivai davanti al citofono di casa mia, suonai. Rispose mia madre e rimase stupita: suo figlio era tornato.
Salii le scale, trovai la porta aperta, mia madre commossa mi venne incontro, mi abbracciò e senza neanche salutarmi mi sussurrò in un orecchio:
– Io ti ho visto, io ti ho visto! Eri seduto su uno sgabello, con un piede poggiato sulle grate, stavi parlando con la Madonna. Tu non sai che Lei era dietro di te, con il suo manto ti proteggeva e ascoltava la tua preghiera.
Rimasi impietrito, senza parole, mi venne la pelle d’oca e mi chiesi:
– Come ha fatto a descrivermi nei minimi dettagli? Allora questo gruppo di Chiesa che frequenta da anni ha qualcosa di speciale, qualcosa che non è visibile a tutti.
Mi commossi e rimasi stupito, ma senza dir nulla riflettei sull’accaduto, evento che ha piantato un semino dentro il mio cuore, seme che germoglierà più avanti a mia insaputa.
In quei quindici giorni di arresti domiciliari, giorni che mi son serviti a riflettere su me stesso, a riprenotare la nave, spostare le date dell’ostello, ma soprattutto a togliermi il vizio di fumare le canne, sotto la guida attenta di mia madre, iniziai anche a pregare, mi consegnò infatti una piccola e semplice preghiera, che io con ubbidienza faccio tutti i giorni, la coroncina al Sacro Cuore di Gesù di Padre Pio. Ormai ero pronto a partire, più carico di prima e in un certo senso anche con uno Spirito diverso da prima, mi resi conto che tutto ciò che era accaduto nell’ultimo mese, era stato forse un bene. Stavo, infatti, partendo con uno Spirito nuovo, Spirito che non avrei avuto e che forse mi avrebbe portato a far della mia vita una fotocopia della vecchia, proprio quella che non volevo più fare. Per questo iniziai a pensare, come ho già scritto, che nulla agli occhi di Dio è per caso, ma che tutto concorre al nostro bene e alla salvezza della nostra anima, anima che viene salvata da Dio in modi a noi sconvolgenti, noi che siamo quasi sempre increduli e dubbiosi.
Dovevo partire a settembre secondo i miei piani, ma arrivai al mese di ottobre e partii proprio il giorno del mio compleanno. Il mio arrivo a Parma era previsto per il 21 ottobre alle ore 23:00, giorno in cui ho compiuto 27 anni. Questo per me diede ancora più valore alla mia partenza. Iniziai una nuova vita proprio all’inizio del mio ventisettesimo anno. Fu per me una rinascita. Morii nel male e risorsi nel bene. Questa è la storia di una fede ritrovata.
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