«Ciao, mi chiamo Deborah e vendo aborti fatti a pezzi»
Commercio di organi
di bambini appena abortiti
di Federica Paparelli
Se mai vi foste chiesti che faccia ha il male, ho un nome per voi: Deborah Nucatola. Se un po’ avete seguito questa pagina, sapete che Planned Parenthood è la catena di cliniche abortiste più grande d’America, una cosa enorme, un giro d’affari per oltre un miliardo di dollari. La dottoressa Nucatola a Planned Parenthood riveste un incarico di prestigio: è Senior Director of Medical Services, una posizione ai vertici del quartier generale del colosso degli aborti. In questa veste supervisiona le pratiche abortive nelle sedi PP di tutta l’America fin dal 2009 e si occupa anche dell’addestramento dei nuovi arruolati nei ranghi delle cliniche della morte. E da martedì sappiamo anche un nuovo perché.
L’associazione californiana prolife Center For Medical Progress, nel lanciare il suo sito, ha pubblicato martedì un video che riporta l’inimmaginabile: con una telecamera nascosta, le immagini mostrano un pranzo di lavoro in un ristorante di Los Angeles fra la dottoressa Nucatola e due attori, che si sono finti imprenditori nel campo delle biotecnologie e interessati all’acquisto di tessuti fetali. La dottoressa, mentre impassibile pasteggia con un calice di vino rosso in mano, racconta con una noncuranza rivoltante il commercio illegale che Planned Parenthood farebbe di organi e altre parti dei bambini appena abortiti.
un video emblematico
Il video, emblematicamente intitolato “Capitale umano”, è il risultato di un’azione investigativa durata quasi tre anni da parte dell’associazione non-profit, che – dichiara – è costituita da cittadini giornalisti interessati alla sorveglianza delle pratiche sanitarie. Per questo motivo le immagini girate nel ristorante riportano impressa la data del luglio 2014. Del video esistono due versioni, entrambe pubblicate su YouTube: quella integrale, della durata di più di due ore, e quella sintetica, di circa otto minuti, che qui raccontiamo.
Il video si apre con un’intervista del 2000 condotta dai giornalisti della ABC News, nella quale si chiede all’allora CEO di Planned Parenthood, Gloria Feldt, di commentare uno scoop della rete televisiva su un commercio analogo. Si vede la Feldt che si indigna e, dall’alto della sua caratura morale, esclama: “Se c’è reato, che i colpevoli siano consegnati alla giustizia”. Belle parole, indubbiamente. Il video, a commentare direttamente queste affermazioni, riporta alcuni estratti della conversazione con la Nucatola, la quale con orgoglio riporta come siano diventati esperti a Planned Parenthood nel preservare polmoni, fegato e soprattutto il cuore, per il quale, riferisce, c’è un’altissima domanda. E anche gli arti inferiori, ammettendo di non sapere neanche che cosa vogliono farsene gli acquirenti, forse cercano il tessuto muscolare. Con l’ironia tipica di chi sa che te la farà pagare, l’attore commenta: «Certo, dieci centesimi la dozzina».
un modulo per richiedere gli organi
Peccato che il commercio di parti del corpo umano sia un reato federale, tanto che c’è un’espressa previsione che riguarda proprio il traffico di resti di bambini abortiti, punito con la reclusione fino a 10 anni e/o un’ammenda fino a 500mila dollari. Ce ne informa il filmato subito dopo. Tanto che si resta increduli a guardare le immagini che seguono: una schermata presa dal sito Stemexpress.com, nel quale basta riempire un semplice modulo online per richiedere gli organi (organi!) che si desiderano, con possibilità di scegliere anche la settimana di gestazione del feto.
Nel menù a tendina del modulo d’ordine si può leggere una lista impressionante: cervello, cuore, cuore con arterie e vene, polmoni, fegato, fegato e timo, tiroide con paratiroidi, milza, intestino tenue e crasso. Se andate sul sito e siete curiosi di sapere a quale livello può arrivare l’avidità umana, avete anche la possibilità di richiedere l’intero catalogo e vedere alcuni prezzi – si parla di migliaia di dollari. Cioè avevate, non si può più. Il sito ora è in manutenzione. Un caso, certamente.
Ma non basta. Il video prosegue: gli attori chiedono alla Nucatola se il fatto di sapere che esiste una specifica richiesta di tessuti cambi qualcosa nella procedura medica dell’aborto – in pratica se Planned Parenthood faccia o meno “aborti su misura”, a seconda delle necessità del cliente, con lo scopo di raccogliere determinati organi. Pare che sia proprio così: infilando la forchetta nell’insalata, la Nucatola risponde che «fa un’enorme differenza: direi che molte persone vogliono il fegato. E per questo motivo la maggioranza dei providers [medici delle cliniche di Planned Parenthood, n.d.r.] eseguono questi casi con l’aiuto dell’ecografo, in modo da sapere dove mettono il forcipe».
orrore su orrore
Per cui è importante per il medico “essere consapevole di dove mette le pinze, tu cerchi intenzionalmente di andare sopra o sotto il torace. Siamo stati molto bravi a ricavare cuore, polmoni, fegato, perché lo sappiamo. Quindi non andrò a schiacciare quella parte, in pratica andrò a schiacciare sotto, o andrò a schiacciare sopra e vedrò se riesco a ottenere il tutto intatto». Difficile dire che cosa sia più osceno, se sia la facilità con cui usa la parola “schiacciare” parlando del corpo di un bambino indifeso o il gusto con cui mangia l’insalata mentre dice queste cose.
Anche se non sembra possibile, la Nucatola aggiunge altro orrore, andando avanti a spiegare come la parte più difficile sia riuscire a mantenere la testa intatta in un aborto. In questi casi il medico cercherà di modificare la posizione in cui si presenta il bambino, perché se è posizionato a testa in giù, la dilatazione all’inizio della procedura medica non è sufficiente per preservare l’integrità del cranio. Per questo motivo l’abortista girerà il bambino in modo da poter effettuare un’estrazione podalica, al termine della quale avrà una dilatazione sufficiente per ottenere il suo scopo. La Nucatola non chiarisce come avvenga l’aborto, cioè in quale momento dell’operazione il medico proceda a uccidere il bambino in questo caso.
aborto con nascita parziale
Il video di Center for Medical Progress inferisce che questa procedura sia identica a quella dell’aborto con nascita parziale, una pratica dichiarata illegale a livello federale nel 2003, particolarmente se e quando diretta al commercio di parti umane. Una norma che è riuscita anche a superare il giudizio di costituzionalità da parte della Corte Suprema (che, a quanto pare, ogni tanto prende anche qualche decisione giusta), seppure con un voto di 5 a 4. In questo tipo di procedura – e se siete impressionabili, scorrete più avanti nella lettura – il medico, dopo aver estratto il corpo del bambino fino al collo, lasciando intenzionalmente la testa all’interno, procede a perforare il cranio e ad estrarne il contenuto con un aspiratore. Se così non facesse, il bambino nascerebbe vivo e ogni ulteriore pratica volta a ucciderlo sarebbe considerata omicidio per la legge.
Che Planned Parenthood si preoccupi delle possibili conseguenze legali di tutto questo emerge nella conversazione nel momento in cui gli attori chiedono se sia possibile trattare l’acquisto dei tessuti direttamente con la sede centrale di Planned Parenthood. La domanda non è peregrina: Planned Parenthood, infatti, per proteggersi da azioni legali federali, obbligherebbe i potenziali acquirenti a rivolgersi alle singole cliniche locali, in modo che, qualora il traffico venisse scoperto, potrebbe sempre sostenere che si tratta della devianza del singolo provider e non una pratica autorizzata dall’azienda. La Nucatola candidamente ammette che, a livello nazionale, la cosa è stata discussa ma gli avvocati di Planned Parenthood vogliono evitare ogni coinvolgimento della sede centrale. «È un problema troppo delicato al momento perché possiamo assumerci la posizione di intermediario”, intendendo fra gli acquirenti e i singoli provider locali. Ma poi aggiunge: «Però vi dirò che, a porte chiuse, queste conversazioni si fanno».
tutto legale
All’uscita del video, Planned Parenthood non ha tardato a rilasciare un comunicato stampa, nel quale si precisa che tutti i campioni di tessuto sono ottenuti in modo etico e legale, trattandosi di materiale donato dalle pazienti. Come se fosse roba loro, viene da dire. E poco vale il fatto che la sua dipendente abbia parlato esplicitamente di un compenso per campione, che va dai 30 ai 100 dollari: poiché la Nucatola ha specificato che il prezzo varia “a seconda di cosa comporta”, secondo il vicepresidente dell’ufficio comunicazioni di Planned Parenthood, Eric Ferrero, si tratterebbe semplicemente di un rimborso spese per la consegna dei campioni, presi seguendo “i più alti standard etici e legali”. Dimenticando di spiegare l’intera faccenda dell’aborto con nascita parziale.
La replica di Center for Medical Progress non si è fatta attendere: in primo luogo l’associazione sottolinea che, con il comunicato, Planned Parenthood esplicitamente ammette di raccogliere organi nei suoi centri e che esiste uno scambio monetario collegato a questa attività. Mette inoltre in dubbio che questa pratica predatoria sia fatta con il consenso delle pazienti, che Planned Parenthood non ottenga alcun guadagno da ciò e che tutto sia perfettamente legale. A supporto di queste affermazioni, i giornalisti pro-life sganciano la seconda bomba: un volantino pubblicitario ottenuto da Stem Express LLC (più volte nominati dalla Nucatola nel video come loro acquirenti) nel quale si esaltano ripetutamente i vantaggi economici che le cliniche otterrebbero entrando in collaborazione con loro. A questo si aggiunge il vero e proprio endorsement di una delle direttrici delle cliniche di Planned Parenthood che compare sul volantino.
le azioni investigative
Al momento, la signora Nucatola risulta sparita dai radar: account Twitter cancellato, pagina Facebook che fino a martedì era ricca e colorata, ora è ridotta all’essenziale, il sito di Stem Express LLC è inaccessibile, anche se rimane la memoria incancellabile di Google, che ancora mostra nella copia cache le pagine dei moduli d’ordine, con tanto di gamma di prezzi, alcuni di svariate migliaia di dollari. Tutti rimborsi spese?
Il sito di Center for Medical Progress invita più che altro a sollecitare un’indagine da parte del Congresso sulle pratiche di Planned Parenthood.
E i primi segnali sono confortanti: già due Governatori, quello dello Stato del Texas e quello della Louisiana, hanno annunciato azioni investigative per verificare la legalità di quanto avviene nelle cliniche abortiste dei loro Stati. I repubblicani si stanno mobilitando: il senatore e candidato presidenziale Ted Cruz ha auspicato che il Governo inizi un’estesa indagine, non solo su Planned Parenthood ma anche su tutti gli altri soggetti coinvolti, invocando nuovamente la sospensione di ogni erogazione di fondi statali al colosso degli aborti; sulla stessa linea anche un altro candidato, Marco Rubio; il portavoce della Camera John Boehner ha dichiarato di aver dato disposizioni alle varie commissioni competenti di esaminare la questione e ha chiesto al presidente Obama di condannare simili pratiche. Da parte dei Democratici, un silenzio assordante.
cura, a qualunque costo
E forse è meglio così, visto che, nel giorno in cui queste atrocità vengono alla luce, il leader del mondo libero ha twittato: «Noi riconosciamo che ogni bambino merita delle opportunità. Non solo alcuni. Non solo i nostri».
Qualcosa sembra muoversi, dunque. La notizia è approdata su molti media, riportata anche dal canale televisivo FoxNews e, cosa molto più rara, anche dal Washington Post. Più di un commentatore, della parte esclusivamente non liberal, ha affermato che l’exposé dell’associazione è il segno più evidente che un approccio sicuro e legale all’aborto è cosa impossibile: nel momento in cui si disumanizza un bambino al punto da ritenere moralmente accettabile l’aborto, ogni altra pratica accessoria appare secondaria e, perciò, giustificabile. Anzi, ne è la logica conseguenza.
A quali conseguenze porterà per Planned Parenthood lo scoop di Center For Medical Progress lo sapremo solo con il passare dei giorni. Che ci sarà una battaglia legale è ormai quasi una certezza. Ci auguriamo che i giornalisti pro-life riescano a provare tutto ciò che affermano. Di assolutamente vero, ad ogni modo, rimane il motto del gigante degli aborti: «Cura. A qualunque costo».
Fonte: http://www.lacrocequotidiano.it/articolo/2015/07/16/societa/ciao-mi-chiamo-deborah-e-vendo-aborti-fatti-a-pezzi
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