Bambina stuprata dai partigiani e uccisa perché fascista
Bambina stuprata dai partigiani e poi uccisa
Aveva solo 13 anni Giuseppina Ghersi quando i partigiani l’hanno pestata, stuprata e infine, dopo diversi giorni, uccisa. La sua “colpa” era quella di aver vinto un concorso a tema ricevendo, via lettera, i complimenti da parte del segretario particolare di Mussolini. Nessuno della famiglia Ghersi era iscritto al Partito Fascista, ma la bambina stuprata dai partigiani era per quelle belve un bocconcino troppo ghiotto.
Il 25 aprile 1945 alle 17.00, i partigiani entrano nel negozio del padre di Giuseppina per chiedere dei medicamenti che subito vengono donati. Il giorno dopo, mentre i Ghersi si recano nel loro negozio di frutta e verdura, vengono fermati alle 6.00 di mattina da due partigiani. Vengono portati in un Campo di Concentramento, dove dopo poco arriverà anche la cognata. Gli vengono sequestrate le chiavi dell’ appartamento e del magazzino. Senza testimoni procedono al furto dei beni della famiglia e delle merci del negozio.
I partigiani, con una menzogna, attirano la tredicenne nel loro tranello
Fatta arrivare la figlia, con uno stratagemma diabolico, nel Campo di Concentramento, inizia la follia. E’ il 27 aprile 1945 quando madre e figlia vengono malmenate e stuprate mentre il padre viene bloccato da cinque uomini. Il padre è costretto ad assistere impotente alla visione della sua bambina stuprata dai partigiani. Non contente queste belve chiedono ripetutamente al padre dove ha nascosto altro denaro e oggetti preziosi. Alla sera questi vomitevoli uomini, insieme ad altri partigiani vomitevoli come loro, hanno condotto il padre e la madre di Giuseppina in carcere senza, ovviamente, nessuna accusa a loro carico.
Giuseppina rimane nelle mani dei carnefici, la bambina stuprata dai partigiani viene uccisa con un colpo di pistola per poi essere gettata davanti alle mura del Cimitero su un cumolo di cadaveri.
Stelvio Murialdo, un testimone di quelle giornate, ricorda che il cadavere di quella giovane donna era ridotto in maniera terribile. “Si vedeva bene che i carnefici avevano infierito in maniera brutale su di lei, senza riuscire a cancellare la sua giovane età. L’orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno. Ricordo che non riuscivo, come paralizzato, a staccarmi da quella povera disarticolata marionetta, con un braccio irrigidito verso l’alto,come a proteggere la fronte, mentre un dito spezzato era piegato verso il dorso della mano”.
E nel 2017 esistono ancora delle belve chiamate partigiani
La storia di Giuseppina Gheri dovrebbe far riflettere a lungo su ciò che è stato il Comunismo. Dopo la fine della guerra tanti partigiani, come schegge impazzite, hanno fatto esecuzioni orribili su chiunque.
Dopo tanti anni speravo che i Comunisti non esistessero più. Invece esistono ancora e, alcuni di loro, hanno ancora tanta cattiveria. Una cattiveria evidenziata dall’associazione partigiani la quale è insorta perché un consigliere comunale di centro destra vuole ricordare Giuseppina Ghersi con una targa. “Siamo assolutamente contrari” – urlano i partigiani nel 2017 – “Giuseppina Ghersi era una fascista. Protesteremo col Comune di Noli e con la prefettura” dice Samuele Rago, presidente provinciale dell’Anpi.
Vogliamo allora chiedere alle Istituzioni che si emendi una legge per apologia di reato per ogni forma di propaganda Comunista?
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