Attenti a quei poteri occulti che puntano ad una società più debole
Poteri occulti sulla società debole
poteri economici e finanziari senza nessula legittimità democratica
Con grande gioia ho letto questo articolo, dove finalmente un cardinale si espone e parla di poteri occulti che dirigono la società per distruggerla.
Cardinale Bagnasco, oggi il Papa incontra gli scolari italiani a San Pietro. La Chiesa denuncia da tempo l’emergenza educativa. La scuola italiana non è una delle componenti di questa emergenza?
«L’emergenza educativa è l’obiettivo pastorale del decennio per i vescovi italiani. Ed è sotto gli occhi di tutti. Vede come primi soggetti la famiglia, la scuola, la Chiesa e la società nel suo insieme. Siamo tutti in emergenza, compresa la società. Dobbiamo non soltanto rifare le strutture scolastiche, ma soprattutto rifare la struttura dell’umano e la struttura culturale del nostro Paese. Che a mio avviso sta perdendo le proprie caratteristiche essenziali e storiche – ideali, valori, visione antropologica -, in nome di un mondialismo che è un valore solo se fa confluire e non azzera tutte le identità culturali».
Intende dire che l’Italia sta perdendo la sua identità?
«Certo. C’è un decadimento dell’identità culturale del nostro Paese. Ma dove va a finire il dialogo tra le culture, se si cammina verso l’omologazione? Si dialoga quando qualcuno ha da apportare qualcosa di proprio. Se invece si va verso un’uniformità che azzera le diverse identità, non si ha un arricchimento culturale e civile; si ha una poltiglia indistinta».
Quali sono le cause? L’immigrazione? La globalizzazione?
«Ma no. La causa più remota e più vera, al di là dei fattori che vengono indicati di solito, è una volontà precisa di azzeramento, di uniformità, di omogeneizzazione. Il risultato è un indebolimento delle persone e delle società».
Una «volontà precisa» da parte di chi?
«Di coloro che hanno interesse a che le società siano sempre più deboli, smarrite, quindi facili preda di interessi economici, politici, ideologici. Di fronte allo smarrimento e alla debolezza, chi è più forte e ha le idee più chiare ha buon gioco».
Si riferisce al laicismo, al relativismo?
«Sono ancora denominazioni troppo vaghe. Qualcuno parla di poteri occulti. Ognuno veda».
Poteri economici? O forze spirituali?
«Penso innanzitutto ai poteri economici e finanziari. Esistono centrali internazionali, forze e centri di potere più o meno chiari che non hanno nulla di istituzionale e nessuna legittimità democratica».
Esiste anche una lettura dietrologica del fenomeno…
«Non bado alle dietrologie. Bado ai segni».
Quali sono i segni?
«Siamo di fronte a un’esplosione a catena. La violenza dilagante. La corruzione. Il dissolvimento di un codice deontologico che non può essere solo individuale, per cui ognuno dà testimonianza di sé e ha finito. Questo è insufficiente. C’è un codice deontologico che deve essere sociale. Una società ha un suo volto; e il volto della società, come il volto di un uomo, è fatto anche di valori morali e di ideali alti. Il decadimento del quadro valoriale è concomitante con il forte individualismo, dove l’io individuale diventa una prigione a se stesso, tagliando i ponti con gli altri e diventando così legge autoreferenziale. Il bene e il male, la verità e la menzogna sono giudicati solo in base al proprio giudizio individuale, a prescindere dal bene comune. E il bene comune richiede sempre il sacrificio personale».
La pensa così anche il Papa?
«Il Santo Padre spessissimo condanna la logica del profitto selvaggio. Già il Concilio disse che se il profitto prende il sopravvento sull’uomo e sulla società, la uccide, la devasta. L’abbiamo visto, lo stiamo ancora vedendo. Anche se vedo segni di cambiamento. In diversi ambienti avverto una presa di coscienza che occorre avere valori morali di onestà, di correttezza, di giustizia, di equità, di spirito di sacrificio, senza i quali la società affonda. Si comincia a capire che non si possono pretendere i profitti più alti possibili nel minor tempo possibile. Ragionare in questi termini vuol dire creare un disastro economico e finanziario, come abbiamo visto».
Ma i fattori che hanno causato la crisi sono ancora tutti qui.
«Non siamo assolutamente fuori dalla crisi. Forse non potremo mai esserlo, perché siamo nel tempo e nella natura umana. Certo uscire dalla crisi per ritornare come prima sarebbe una lezione persa. Dobbiamo ritrovare la sicurezza occupazionale e un livello medio di vita più dignitoso per tutti, soprattutto i più deboli e i giovani; ma con una sapienza nuova. Se ricominciamo a ragionare come prima, allora non abbiamo capito nulla. E tutto sarà peggio di prima».
Di solito, quando si parla di scuola, la Chiesa chiede diritti e aiuti per la scuola privata. Si riferisce a questo?
«Non è così. Ma lo Stato democratico non deve pretendere il monopolio dell’educazione. Deve riconoscere la libertà e il diritto nativo dei genitori di educare i figli secondo le proprie visioni, dentro un quadro generale garantito dallo Stato. Non a caso non si parla più di scuole private ma di scuole paritarie. Non dobbiamo averne paura. Vanno riconosciute anche sul piano pratico. Oggi i genitori devono pagare due volte: le tasse allo Stato e le rette alla scuola; e questa è ingiustizia».
Che impressione le fa l’entusiasmo che circonda papa Francesco? Non c’è il rischio che nasca una sorta di culto?
«Il Papa è molto consapevole di questo, disincantato, realista. Non vuole certo promuovere o alimentare un eventuale culto alla sua persona. Questa espressione di grande simpatia è cosa buona, fa bene all’anima. Non credo che si potrà parlare di un culto, che certo è totalmente fuori dall’orizzonte del Santo Padre».
La Conferenza episcopale che lei presiede viene a volta pensata come un retaggio della Chiesa ratzingeriana. C’è del vero?
«I vescovi seguono il Papa sempre e comunque. Basta leggere quello che papa Francesco dice e scrive. Parlare di contrapposizione è pretestuoso. Il prossimo 19 maggio sarà il Santo Padre a introdurre l’assemblea generale della Cei. Gliel’ho chiesto io, lui l’aveva già nel cuore, e quindi ha aderito molto volentieri».
Non vede però elementi di discontinuità tra il pontificato di Francesco e quello di Benedetto XVI? Nell’intervista al Corriere , papa Bergoglio ha detto di non riconoscersi nell’espressione «valori non negoziabili», finora pietra miliare della Chiesa.
«In questo caso direi che è ampliato il concetto dei valori, che sono profondamente connessi l’uno all’altro. Nello stesso tempo, il Santo Padre ha scritto nell’Evangelii Gaudium e ha detto al Pontificio consiglio per la vita che la vita umana è sacra e inviolabile, dal concepimento a tutte le sue fasi, ed è il fondamento di tutti gli altri diritti. La lettura che mira a contrapporre un Papa a un altro mi pare totalmente infondata, pur riconoscendo che siamo di fronte a personalità e a stili comunicativi diversi. Il fatto che Francesco ci abbia chiesto subito di rivedere lo statuto della Cei con la massima libertà è un segno interessante, che abbiamo colto molto volentieri.
Tutta l’opera pastorale e di governo del Santo Padre in questo primo anno di pontificato ha portato segni di novità che rispondono alla sua forte personalità».
Sarà ancora il Papa a scegliere il capo della Cei?
«L’orientamento dei vescovi italiani è che la nomina, previa una consultazione, spetti sempre al Papa, in nome del peculiare legame che come vescovo di Roma ha con la Chiesa italiana».
Dai Sinodi sulla famiglia verranno aperture sulle unioni civili, almeno sul piano dei diritti individuali?
«La dottrina della Chiesa e anche i vescovi italiani hanno sempre manifestato il rispetto per le scelte individuali di ciascuno, dentro però a una valutazione di tipo morale che corrisponde alla dottrina cattolica. È stato rilevato molte volte come in ambito giuridico non pochi diritti che vengono invocati siano già riconosciuti dal codice civile. Sotto questo profilo, a livello di individui non mi pare ci siano novità da prevedere. Diverso sarebbe il discorso di diritti legati a una coppia, analogamente al matrimonio».
Qui la vostra contrarietà è assoluta?
«Sì».
Come giudica il lavoro di Renzi?
«Cerca di muoversi con velocità. Questo è un dato in se stesso apprezzabile. Bisogna vedere se a questa buona intenzione corrisponderanno conclusioni che incidano sulla carne viva della gente, che brucia per la sofferenza del lavoro che non si trova o viene perduto, per la mancanza della casa, per le sofferenze delle famiglie».
Voi cosa chiedete? Il quoziente familiare?
«Il Santo Padre ha detto che la famiglia è disprezzata e maltrattata. Aggiungerei, se posso: disprezzata sul piano culturale, maltrattata sul piano politico e sociale. Il numero dei figli deve pesare. Deve essere un criterio per la fiscalità, non solo con detrazioni ma anche con incentivi diretti. L’inverno demografico investe anche l’Italia, a cominciare dalla mia Genova. Mentre altri Paesi vicini, come la Francia, sono demograficamente meno poveri di noi».
Quando la Chiesa parla di fiscalità vengono subito in mente l’Ici e l’Imu…
«La Chiesa paga le imposte sugli immobili. Le ha sempre pagate. Con le disposizioni prese dai precedenti governi, se c’erano punti da chiarire sono stati chiariti. Una fetta consistente degli introiti dello Stato viene dalla Chiesa. Venga a fare un giro con me nei vicoli di Genova: vedrà i migliaia di pasti che prepariamo nelle nostre mense, i piccoli alloggi che abbiamo allestito per le ragazze madri e per i padri separati, che dormono in macchina, se ancora ce l’hanno. Sento lamentele per il tetto di 240 mila euro agli stipendi pubblici. Sa quanto guadagna un vescovo? Milletrecento euro. Il parroco e il curato ancora meno. Sono sei anni che non ci sono aumenti. Nessuno si lamenta, nessuno fa il martire. Diciamo che la spending review l’abbiamo già fatta».
Ha mai conosciuto il suo concittadino Grillo?
«Lui dice di sì, ma io non ricordo di averlo mai incontrato personalmente».
Il Movimento 5 Stelle è il primo partito tra i giovani italiani. Che effetto le fa?
«Da una parte, preoccupa. Dall’altra, ammaestra. Preoccupa perché è un fenomeno di rivolta, di ripulsa, di rifiuto; in sostanza, di sfiducia. Ma se una società non è tenuta insieme dalla fiducia reciproca, degenera nel tutti contro tutti. Distruggere non basta, occorre costruire. Però per chiedere fiducia occorre essere affidabili, onesti, coerenti. Non solo la politica, tutti i soggetti che hanno responsabilità pubbliche, dagli imprenditori ai media alla magistratura, sono chiamati più degli altri a riflettere se sono davvero credibili e degni di fiducia, affinché la contestazione vuota, il “tutti a casa”, si converta in una posizione costruttiva e propositiva».
Sta dicendo che i politici non hanno capito che devono cambiare?
«Ai politici ho detto che devono prendere molto sul serio il disagio diffuso specialmente tra la gente media e più povera. E tra i giovani che non trovano lavoro. Non basta dichiarare buone intenzioni, se ogni giorno viene fuori un fatto che sembra andare in senso opposto: corruzione, privilegi. Nello stesso tempo, si tende a mettere in prima pagina i sospetti e a enfatizzarli per giorni e giorni, anziché cercare la verità. Se la società intera deve diventare educativa, allora tutti – la politica, i media, i vari corpi dello Stato – devono riflettere sul proprio modo di parlare, informare, non per nascondere la verità ma per dare il giusto peso alle cose».
di Aldo Cazzullo
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