Ancora su Benigni e il sesto comandamento (2°p.)
Cercherò di fare la mia esposizione nella forma di un commento al Padre Nostro. Preghiera che recitiamo spesso, ma senza troppo pensare a quello che diciamo; il cui senso credo che ci si svelerà pienamente soltanto alla fine dei tempi.
Padre Nostro
il titolo scelto da Dio a preferenza di ogni altro è “Padre”! Poco dopo si parlerà di “Regno”, ma al titolo di “Re”, Dio preferisce quello di “Padre”! E la paternità sarà proprio una caratteristica della sua regalità. Fin dall’inizio questa circostanza dovrebbe suggerirci che nella paternità umana è racchiuso un mistero divino. La paternità è prima in Dio che nell’uomo. E Dio, creando l’uomo a sua immagine, lo destinava ad imitare la sua paternità. Ma la paternità umana richiama necessariamente la complementare maternità! C’è in Dio anche la maternità? Se «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1, 27) dobbiamo pensare che la donna rientri a pieno titolo nell’immagine di Dio e che perciò l’uomo e la donna insieme costituiscano l’immagine di Dio.
Se è così, dobbiamo ammettere che la paternità di Dio si completa, in qualche modo, con una maternità presente in lui. Il cristiano è qui aiutato da una dottrina a cui generalmente si fa poca attenzione: la dottrina della Trinità. In Dio vi è, infatti, una pluralità! Sappiamo che, come vi è un Padre, vi è anche un Figlio. Non vi sarà qualche cosa che corrisponda alla madre? Possiamo pensare che questo ruolo sia proprio dello Spirito Santo. Non si attribuisce allo Spirito Santo il titolo di “Amore”? E certamente il primo significato che noi diamo alla parola “amore” fa riferimento all’amore tra l’uomo e la donna. Se dunque Dio nell’uomo da lui creato ha espresso qualche cosa di se stesso, allo stesso titolo nella donna ha espresso qualche cosa di se stesso. E ovviamente nel figlio dell’uomo e della donna ha espresso anche qualche cosa di se stesso.
Se quanto si è detto è vero, risulta che l’uomo, la donna, il loro amore e il frutto del loro amore sono realtà divine, sacre, piene di misteri. E sono anche le più alte tra le realtà della creazione visibile. – E probabilmente più grandi anche della cerazione invisible, cioè del mondo angelico. E se sono tali, niente potrebbe essere più sacrilego di un attentato al loro essere e al loro ruolo diverso e complementare – ma anche alla santità del loro amore.
Che sei nei cieli
Dio è nei cieli, mentre noi abbiamo una nascita terrena e carnale. Eppure egli, essendo nei cieli, è Padre nostro. E’ Padre nostro nonostante la nostra nascita carnale, o è Padre nostro proprio attraverso la nostra nascita carnale? Nella misura in cui la nascita carnale non è essenzialmente carnale, ma è invece una “procreazione” in cui lo spirito interviene più della carne, la nascita terrena diviene il mezzo per cui noi siamo figli del Padre celeste. Se l’uomo è immagine di Dio soprattutto perché è padre, ciò vale essenzialmente perché è padre attraverso il suo spirito, cioè attraverso l’amore cosciente che lo lega alla sua sposa e ai suoi figli. La funzione animale della paternità è simbolica e ancillare rispetto alla paternità spirituale.
Ma sappiamo bene che il peccato originale ha fatto prevalere, nella procreazione, la funzione istintiva animale su quella spirituale – per questo la nostra stessa nascita è macchiata da un difetto: è il prodotto di una causa imperfetta. Tuttavia la collaborazione dell’amore cosciente e dello spirito non è venuta meno totalmente dopo il peccato originale, e possiamo ben credere che c’è una differenza tra una nascita e un’altra secondo il grado di presenza della coscienza spirituale nella procreazione. Più è santo l’atto della procreazione, più esso rispecchia la paternità di Dio, e più il figlio generato sentirà di essere figlio di Dio, oggetto non di indifferenza, ma di amore: amore paterno e materno, e amore divino che in esso si rivela.
Ma dunque ogni paternità e maternità, in misura della loro santità, assomigliano alla paternità e maternità di Dio Padre, che genera il Figlio nella comunione di amore dello Spirito Santo. Assomiglia soltanto? No! Prepara la nascita dello stesso Figlio di Dio nella carne umana, messa al mondo dall’amore immacolato di Maria, che dunque è il modello perfetto e irraggiungibile di ogni maternità umana.
Ma ciò significa che, da quando il Figlio di Dio è presente nel mondo perché, per mezzo di Maria Immacolata, «è divenuto partecipe» del «sangue» e della «carne» (Eb 2, 14), l’amore fecondo tra l’uomo e la donna è stato redento dalla prevalenza peccaminosa della carnalità sulla coscienza spirituale e i figli generati da questo amore rinnovato non sono «impuri», ma «invece sono santi» (1Cor 7, 14). Dunque il battesimo si rivela come un complemento divino all’opera del nuovo amore sponsale; ed è perciò cosa giusta e santa conferirlo ai piccoli.
Dunque, in quanto figli terreni siamo, in Cristo, anche figli celesti. E attraverso l’amore paterno e materno sappiamo istintivamente di essere figli del «Padre nostro che è nei cieli».
Sia santificato il tuo nome
Aveva scritto il profeta Ezechiele: «Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore – parola del Signore Dio – quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36, 23-26).
Dio santifica il suo nome trasformando il notro cuore di pietra in un cuore di carne. Dunque Dio santifica il suo nome riportando l’uomo, che era diventato come una belva inumana, ad essere veramente uomo. In qual modo l’uomo aveva cessato di essere uomo e aveva acquistato un cuore di pietra? Rifiutando di riconoscere nell’amore verso la donna, in parità di onore, e nella generazione della vita e nella cura della vita generata la sua missione più alta.
La donna e l’amore erano stati relegati in un cantuccio di casa, mentre gli uomini costruivano con l’intelligenza accompagnata da un cuore di pietra la loro civiltà orgogliosa. Per questo Mosè «per la durezza del vostro cuore» di pietra «vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19, 8). E ora non sarà più così. La nuova umanità avrà un cuore di carne. Per questo rimetterà la donna al suo posto di onore nella costruzione della civiltà; che sarà la «civiltà dell’amore». Non più la civiltà della sola forza, della sola intelligenza e dell’orgoglio.
Venga il tuo regno
il Regno di Dio sarà perciò il regno dei figli di Dio, che sanno di essere figli di Dio. Perché sono prima di ogni altra cosa “figli”; generati dal un amore santo nella luce di Cristo e del suo Spirito.
«se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18, 3). E perché la nuova civiltà ha posto come suo primo fondamento l’amore tra l’uomo e la donna. Che è un riflesso dello Spirito Santo, e l’amore che da esso si irradia in ogni cosa; «da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35).
Sia fatta la tua volontà come in cielo, così il terra
i figli di Dio attuano nella storia del mondo i progetti di Dio – «ma il piano del Signore sussiste per sempre» – cioè la diffusione della cristica figliolanza divina e la realizzazione della civiltà dell’amore su tutta la terra, perché la terra sia uno specchio del cielo. E’ il desiderio ardente del cuore di Cristo – «i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni» (Sl 32, 11).
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
nella civiltà dell’orgoglio, erede della maledizione di Adamo, il primo impegno dell’uomo doveva essere quello di procurarsi il pane; e il suo rapporto verso la donna doveva essere un rapporto di dominio (cf Gn 3, 16-19). Ma ora l’antica maledizione è stata annullata. Il primo impegno dell’uomo sarà di costruire con la donna, non più oggetto di dominio ma di amore paritario, il regno dei figli di Dio.
Se sono figli, spetta ormai al loro Padre procurare loro il pane: «cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33). Ma vi è un mistero più grande nel pane dato dal Padre: il corpo e il sangue di Cristo, che, come «è divenuto partecipe» del «sangue» e della «carne» (Eb 2, 14), così rende partecipi della santità della sua umanità il nostro sangue e la nostra carne, perché possano essere strumenti della diffusione del suo regno.
Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori
«così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19). Se non siamo stranieri nei confronti di Dio ma suoi familiari e suo figli, allora non siamo più stranieri tra di noi. La nostra coscienza non è più un orgoglioso deserto; ma il luogo dove abitano il Padre e il Figlio.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà; e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Nella luce di questa presenza amorosa si dissolve il nostro peccato; insieme al peccato dei nostri fratelli.
E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male (o: dal Maligno)
se «il piano del Signore sussiste per sempre» (Sl 32, 11), esso è però contrastato da un altro piano. Quello di colui che disse a Cristo; e ogni giorno ripete all’uomo: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai» (Mt 4, 9). Il regno di Satana si oppone al regno di Dio. In esso la donna ritorna ad essere solo un oggetto di dominio; non più compagna amata con pari onore dall’uomo e vero senso della sua vita, ma lussuoso e voluttuoso ornamento dell’impero dell’Anticristo. Di esso sembra preso a simbolo Salomone, il quale «aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine».
Esse si vendicarono di essere trattate come un vile ornamento del suo regno orgoglioso; e «gli pervertirono il cuore». Cosicché egli non respinse la tentazione di Satana, come Cristo; ma a lui si prostrò in adorazione; «le sue donne l’attirarono verso dèi stranieri (…) ed egli «costruì un’altura in onore di Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche in onore di Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dèi» (1Re 3-4; 7-8).
Sempre per gli uomini si rinnova la tentazione di costruire non il regno di Dio «come in cielo, così in terra». Ma bensì il regno di Salomone e il regno di Satana; il lavoro al primo posto e l’amore verso la donna degradato a voluttuoso ornamento dell’impero terreno. La tentazione cerca di ingannare l’uomo. Se pensi all’amore morirai di fame; ma, al contrario, se metti al primo posto il lavoro e fai della donna soltanto il tuo sollazzo sarai ricco!
Ma Gesù ci libera dalla tentazione e ci illumina con le sue parole divine.
«per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete (…) Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro (…) Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 25; 28-29; 33).
Don Massimo Lapponi
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