Il giovane ucciso a Roma: il male e la malvagità
Un articolo ben fatto, che mette in evidenza un aspetto importante di quanto accaduto nei giorni scorsi.
di Fra Giuseppe Paparone o.p.
Ho ancora nelle orecchie le terribili parole riferite da un cronista televisivo a proposito del recente efferato omicidio di Roma, di cui è stato vittima un giovane attirato in una trappola mortale.
Così si è espresso uno dei carnefici:
Volevamo sperimentare che cosa si prova ad uccidere una persona.
Abbiamo sentito bene?
Abbiamo capito davvero che cosa succede nel mondo in cui viviamo?
Abbiamo una reale consapevolezza di quello che può scatenarsi nel cuore dell’uomo?
Si potrebbero fare diverse considerazioni sui molteplici aspetti di questo fatto criminoso, di cui tutti noi siamo venuti a conoscenza attraverso fiumi di inchiostro: droga, sesso depravato, alcool, divertimenti distorti, follie del venerdì sera, inconsistente relazione tra genitori e figli, vuoto esistenziale, assenza di senso etico, pseudo valori assunti a criteri assoluti … Ne potremmo aggiungere altri ancora.
Se consideriamo isolatamente ognuna di queste “cose”, possiamo renderci conto con quanta superficialità e irresponsabilità le trattiamo e spesso le giustifichiamo, magari inconsapevolmente:
Ma sì, sentiamo dire, ogni tanto bisogna divertirsi; in fondo che male c’è nell’esercizio del sesso, anche occasionale, anche al di fuori del matrimonio?
E che dire della droga, con l’assurdo dibattito su sostanze leggere o pesanti? Quasi ci fossero una morte “leggera” e una morte “pesante”!
Per non parlare della relazione tra genitori e figli.
Deve essere autorevole e non autoritaria; certo, ma siamo capaci di essere davvero autorevoli?
È raro incontrare persone veramente autorevoli.
Molte non lo sono e si pongono nei confronti dei figli in un’acritica e, spesso, illogica condizione di difesa e protezione contro tutto e tutti; contro ogni ragionevolezza; col solo risultato di portarli a vivere un rapporto totalmente scorretto con la realtà, soprattutto con le persone. Caso tipico la diffusa perdita di rispetto nei confronti degli insegnanti, delle autorità, del bene comune.
Quasi a compensare la nostra incapacità ad essere una vera guida per loro, ci rifugiamo in un’espressione distorta di affettività volta a proteggerli dalle sofferenze della vita, dalla delusione della scoperta delle proprie fragilità e dei propri limiti, coi quali dovranno, prima o poi, confrontarsi per poter diventare adulti.
Ma, c’è una realtà che la maggior parte degli uomini e la società in genere cercano di occultare: la presenza del male nel nostro cuore.
La tendenza al male, il demone che, ogni tanto, in qualcuno si scatena e i cui episodi non si contano più. L’uccisione di chi ti ha preso il posto nel parcheggio; l’insofferenza, che diventa raptus omicida, verso il vicino o il coniuge che non riesci più a sopportare o la donna che ti ha lasciato; il desiderio ossessivo verso il compagno o la compagna, che devi avere a tutti i costi…
E, quando questo avviene, cerchiamo sempre una giustificazione al di fuori di noi: le psicosi, un’educazione sbagliata, un cattivo rapporto coi genitori, i condizionamenti sociali…
Ultimamente mi sto interrogando molto su quest’aspetto. In una recente trasmissione televisiva mi ha colpito una dichiarazione del noto psichiatra Crepet; intervistato sull’omicidio del giovane romano, ha detto testualmente:
noi psichiatri sappiamo che non esistono solo le patologie; sperimentiamo, anche, l’esistenza della malvagità.
La malvagità e il male esistono e, quando trovano un terreno fertile, si scatenano.
Non sono solo i problemi sociali a determinare il male che accade; c’è anche la malvagità che abita nel cuore dell’uomo e che può crescere nella misura in cui i freni inibitori vengono eliminati.
La nostra società ha paura di affrontare il tema del male e del demonio; ritiene che basti un po’ di buona volontà; si affida alle leggi dello Stato più che al rigore morale e alle indicazioni religiose.
Non illudiamoci!
Se ci allontaniamo da Dio. Se non facciamo del culto del bene un valore assoluto. Se continuiamo a crescere nel permissivismo e nel relativismo. Anche noi contribuiremo a generare quell’humus culturale e sociale all’interno del quale il male, sempre più libero da ostacoli e barriere, potrà avanzare indisturbato e sempre più distruttivo.
http://comunita-abba.it/?p=25250
Scopri di più da Annalisa Colzi
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.