Sepoltura o Cremazione? Due sacerdoti rispondono
di don Massimo Lapponi
Dal punto di vista filosofico, posso osservare che, dal secolo XIII, nella Chiesa ha incominciato ad affermarsi, grazie soprattutto all’opera di san Tommaso d’Aquino, la preferenza per l’antropologia aristotelica rispetto a quella platonica.
Quale è la differenza? Per Platone l’anima risiede nel corpo come in una prigione, dalla quale si libera con la morte per ritornare nel mondo spirituale delle idee. Apparentemente questa dottrina sembra molto consona con la religione cristiana, ma non è proprio così. Infatti secondo l’antropologia biblica il corpo non è una prigione, né la materia è un male.
Al contrario, la materia è creata da Dio ed è perciò buona; e l’essere umano è sostanzialmente unitario nelle sue componenti materiale e spirituale. Infatti il cristianesimo non parla soltanto, come il platonismo, di sopravvivenza dell’anima, ma anche di resurrezione dei corpi. San Tommaso intuì che l’antropologia aristotelica era più vicina di quella platonica al cristianesimo.
Infatti secondo Aristotele l’anima è la forma sostanziale dell’essere organico. Nella pianta l’anima ha soltanto funzione vegetativa. Nell’animale ha anche funzione sensitiva. Nell’uomo l’anima emerge da queste funzioni per elevarsi alla funzione intellettiva, che la porta nel mondo dello spirito. Aristotele fu guardato con sospetto; sembrava negare, o almeno non considerare, la sopravvivenza dell’anima dopo la morte.
San Tommaso dimostrò che, con gli stessi principi aristotelici, ammesso che egli non lo avesse fatto, si prova che l’anima sopravvive dopo la morte. Ma in questa sopravvivenza non è un essere completo: San Tommaso dice che l’anima separata non è “persona”. Per questo un semplice parroco, ricordando i suoi studi teologici, riuscì a fornire un’eccellente prova dell’Assunzione corporea di Maria in cielo. Egli osservò che Maria dice: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”, cioè chiameranno ME beta, non la mia anima. Se l’anima separata non è persona, quel ME non avrebbe tutto il suo pieno significato.
Vi sono, dunque, forti ragioni per seguire l’antropologia aristotelica, in quanto più prossima a quella biblica. Ora, secondo la dottrina di San Tommaso, la materia è necessaria perché l’anima umana possa venire all’essere, ma il vero essere non è nella materia, bensì nell’anima. Infatti, mentre la materia muta attraverso il tempo, l’anima rimane sempre la stessa. Un vecchio moribondo ancora è responsabile delle colpe commesse da bambino, anche se la materia del suo corpo ormai è totalmente mutata.
Dunque il corpo che muore è composto di una materia che ha, certamente, un legame con l’anima che le ha dato forma, ma non si tratta di un legame essenziale, in quanto la materia per sua natura è mutevole. Perciò se il corpo umano di un defunto subisce, per qualsiasi ragione, consunzione e distruzione, ciò non ha rilevanza per la futura resurrezione. Del resto tutti i corpi umani, in un modo o nell’altro, sono consunti e distrutti attraverso il tempo. Oltre a ciò, vi sono i casi di incendi o di armi distruttive che hanno lo stesso effetto, o peggio, della cremazione.
Dunque, se è giusto e santo onorare il corpo dei defunti come parte essenziale dell’essere umano, degna di rispetto e di venerazione, bisogna sempre avere presente che la resurrezione non è legata alla conservazione del corpo del defunto, perché l’anima, se è legata essenzialmente al corpo, non è però legata essenzialmente ad una particolare porzione di materia.
Per approfondimenti, leggere cosa dice il Diritto Canonico: http://www.funerali.org/tutto-sulla-cremazione/cosa-dice-il-codice-di-diritto-canonico
di padre Angelo
1. I vangeli e i testi sacri non dicono nulla sulla cremazione.
L’atteggiamento della Chiesa sulla cremazione è stato vario nella storia a seconda delle motivazioni che portavano alla cremazione.
Quando a tale prassi era legata la negazione della resurrezione la Chiesa l’ha proibita e negava le esequie a chi chiedeva la cremazione.
Oggi non viene invocata per lo più per motivi contrari alla fede. Spesso, come succede in alcune grandi città, viene fatta per la mancanza di spazio nei cimiteri.
2. Nel 1963 il Sant’Uffizio (oggi si chiama Congregazione per la dottrina della fede) aveva pubblicato un’istruzione sulla cremazione. L’istruzione fu tra i primi atti approvati da Paolo VI (il 5 luglio) eletto papa da circa quindici giorni.
Ecco il testo, dove le indicazioni canoniche si rifanno al Codice di diritto canonico vigente in quel tempo.
“La chiesa si è sempre studiata di inculcare la inumazione dei cadaveri. Sia circondando tale atto con riti destinati a metterne in risalto il significato simbolico e religioso. Sia comminando pene canoniche contro coloro che agissero contro una così salutare prassi; e ciò specialmente quando l’opposizione nasceva da animo avverso ai costumi cristiani ed alle tradizioni ecclesiastiche; fomentata dallo spirito settario di chi si proponeva di sostituire alla inumazione la cremazione. In segno di violenta negazione dei dogmi cristiani e specificatamente della risurrezione dei morti e della immortalità dell’anima.
Tale proposito era evidentemente un fatto soggettivo, sorto nell’animo dei fautori della cremazione e non oggettivamente inseparabile dalla cremazione stessa; di fatto l’abbruciamento del cadavere, come non tocca l’anima, e non impedisce all’onnipotenza divina di ricostruire il corpo, così non contiene, in sé e per sé, l’oggettiva negazione di quei dogmi.
Non si tratta, quindi, di cosa intrinsecamente cattiva o di per sé contraria alla religione cristiana. E ciò fu sempre sentito dalla chiesa; come risulta dal fatto che, in date circostanze, e cioè quando risultava che la cremazione del cadavere era chiesta con animo onesto e per gravi cause, specialmente di ordine pubblico, essa soleva permettere la cremazione.
Tale migliorato mutamento di animo, congiunto al più frequente ripetersi di circostanze che ostacolano la inumazione, spiega come in questi ultimi tempi siano state dirette alla santa sede insistenti preghiere perché sia mitigata la disciplina ecclesiastica relativa alla cremazione, oggi spesso richiesta, non certo per odio contro la chiesa o contro le usanze cristiane, ne solo per ragioni igieniche, economiche o di altro genere, di ordine pubblico o privato.
La santa madre chiesa, attenta direttamente al bene spirituale dei fedeli, ma non ignara delle altre necessità, decide di ascoltare benignamente queste richieste, stabilendo quanto segue:
1. Deve essere usata ogni cura perché sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli; perciò gli ordinari con opportune istruzioni ed ammonimenti cureranno che il popolo cristiano rifugga dalla cremazione dei cadaveri. E non receda, se non in casi di vera necessità, dall’uso della inumazione; che la chiesa sempre ritenne e adornò di solenni riti.
2. Tuttavia, per non accrescere le difficoltà di ogni sorta e per non moltiplicare i casi di dispensa dalle leggi vigenti, è sembrato conveniente apportare qualche mitigazione alle disposizioni del diritto canonico; così che quanto è stabilito nel can. 1203, § 2 (vietata esecuzione del mandato di cremazione) e nel can. 1240, § 1, n. 5 (diniego di sepoltura ecclesiastica a chi ha chiesto la cremazione) non sia più da osservarsi in tutti i casi; ma solo quando consti che la cremazione sia voluta come negazione dei dogmi cristiani. O con animo settario. O per odio contro la religione cattolica e la chiesa.
3. Ne segue che a chi abbia chiesto la cremazione del proprio cadavere non dovranno essere negati, per questo motivo, i sacramenti ed i pubblici suffragi; a meno che consti avere egli fatto tale richiesta per i motivi sopra indicati, ostili alla vita cristiana.
4. Per non indebolire l’attaccamento del popolo cristiano alla tradizione ecclesiastica e per mostrare l’avversione della chiesa alla cremazione, i riti della sepoltura ecclesiastica ed i susseguenti suffragi non si celebreranno mai nel luogo ove avviene la cremazione; e neppure vi si accompagnerà il cadavere”.
3. L’attuale Codice di diritto canonico dice:
“- Can. 1116, § 3: “La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i morti; non proibisce, tuttavia, la cremazione, tranne che venga scelta per motivi contrari alla dottrina cristiana”.
– Can. 1184, § 1, 2: “Devono essere privati delle esequie ecclesiastiche, se prima della morte non abbiano dato alcun segno di pentimento:
2° coloro che abbiano scelto la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana”.
Scopri di più da Annalisa Colzi
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.