Don Camillo e l’altoparlante
tratto dal libro Guareschi Don Camillo e il suo gregge
“Gesù” disse don Camillo al Cristo Crocifisso dell’altar maggiore “perché continuare a parlare se nessuno mi ascolta?”.
Don Camillo era pieno di amarezza e il Cristo gli sussurrò parole di conforto.
“No, don Camillo: non è vero che nessuno ti ascolti. Quando tu, dall’altare o dal pulpito, parli, tutti sono attenti alle tue parole. Molti non le intendono ma non importa: l’importante è che il seme della parola di Dio si deponga nel loro cervello. Un giorno, improvvisamente, dopo un mese o un anno o dieci anni, chi ha ascoltato la parola di Dio senza intenderne il significato, ecco che riudrà risuonarsi all’orecchio quella parola e non sarà più una semplice parola ma un monito.
Rappresenterà essa la soluzione di un angoscioso problema, rappresenterà un bagliore di luce nella tenebra , un sorso d’acqua fresca nella sete. L’importante è che essi ascoltino la parola di Dio: un giorno chi l’ha ascoltata senza intenderla si accorgerà che essa è diventata un concetto. Parla senza stancarti, don Camillo, metti nelle tue parole tutta la tua Fede, tutta la tua disperata volontà di bene. Spargi con mano generosa quel seme che un giorno fruttificherà anche nel terreno arido. Dovunque è un cervello c’è una possibilità di ragionamento. Parla e accontentati che tutti ti ascoltino”.
Don Camillo scosse il capo. “Io parlo e nessuno mi ascolta” disse don Camillo “Io parlo e vedo davanti a me sempre le solite facce. Le facce della solita gente che da me ascolta quello che sa già, mentre non vedo mai le facce degli unici che avrebbero necessità di ascoltare, dalla mia voce, la parola di Cristo. Gesù, quelli, mentre io parlo stanno a discutere all’osteria o a cospirare nella loro tana. Per questi dico che io parlo e nessuno mi ascolta. Io metto nelle mie parole tutta la mia Fede e tutto il mio fiato e urlo, ma le mie parole non riescono ad arrivare nemmeno in mezzo al sagrato che già si sono sciolte nell’aria”.
Don Camillo sospirò: “Gesù io ho bisogno di trovare il denaro per comprarmi un altoparlante da mettere sul campanile. Allora, quando io parlerò dal pulpito o dall’altare la mia voce risuonerà come un tuono e dovranno ascoltarmi anche coloro che non vengono qui. Gesù, fatemi vincere al Totocalcio!”.
Il Cristo parlò severamente a don Camillo: “Se è stabilito che tu vinca, vincerai. Ma se vincerai non sarà certo perché tu abbia indotto Dio a mutare quanto prestabilito per farti un favore personale. E lo dovrai ringraziare solo perché ti avrà concesso la grazia di compiere un’azione in accordo con la divina armonia che regola ogni cosa dell’universo. Don Camillo, tu cammini sovrappensiero; ed ecco che, nell’attraversare la ferrovia finisci con un piede impigliato non si sa come in una rotaia. E per quanti sforzi tu faccia, non riesci a toglierti di là e nessuno ti può aiutare. La linea ferroviaria è doppia e ha due binari affiancati e tu non sai su quale dei due binari passerà il treno.
E tu domandi aiuto al tuo Dio. E, poco dopo, ecco un fischio: il treno passa sull’altro binario. Tu sei salvo e ringrazi Dio di aver predisposto le cose in modo tale che tu non finissi impigliato nell’altro binario. Non puoi ringraziare Iddio di aver fatto passare il treno dove volevi tu che passasse. Il treno era già in viaggio, quando tu sei finito col piede nella rotaia. E il treno camminava sull’altro binario. Tu non puoi pensare che Dio, per favorirti, lo abbia tolto da un binario per metterlo in quello vicino. Lo devi perciò ringraziare soltanto perché il treno camminava nell’altra rotaia”.
Don Camillo si inchinò e si segnò. “Se vincerò al Totocalcio, Vi ringrazierò non di avermi fatto vincere, ma perché ho vinto”, disse.
“E quindi non mi rimproverai nel caso che tu non vinca” concluse Gesù sorridendo.
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