Non dimenticherò mai di aver ucciso mio figlio nel grembo
La testimonianza di una madre che grida: “Ho ucciso mio figlio”
Carissima Annalisa,
ti scrivo la mia storia, una storia vera che non dimenticherò mai più. Devi sapere che ho ucciso mio figlio. Sì, hai capito bene: ho ucciso mio figlio quando era ancora nel grembo. Lo chiamano aborto ma ti assicuro che è un assassinio vero e proprio. Sì, è un omicidio. Ed è strano che vi siano leggi che permettano di uccidere il proprio figlio nel grembo ma che le stesse leggi condannino per lo stesso delitto alcune madri solo perché li hanno uccisi quando erano già fuori dalla pancia. E non è lo stesso delitto? Certo che lo è, ma è più comodo far finta che la situazione sia diversa. Dopo questa premessa vi racconto la mia storia.
Sono di origini siciliane anche se adesso non vivo più nella mia terra. Mi trovavo ancora in Sicilia quando nell’estate del 1989, all’età di quattordici anni, conobbi un ragazzo poco più grande di me. Iniziò da quel momento la nostra storia d’amore che portò successivi guai.
La mia famiglia, essendo cattolica praticante, mi aveva insegnato il valore della castità e fin dall’inizio dissi a questo giovane che non avrei avuto rapporti sessuali con lui prima del matrimonio ma, tra il dire e il fare… e così un giorno mi ritrovai a fare il test di gravidanza che risultò positivo.
Io già amavo il bimbo che portavo in grembo ma lui non lo voleva
La mia gioia, quella gioia che mi trasmetteva quella nuova vita, frutto del nostro amore, ben presto si tramutò in angoscia. Il padre del bambino, il ragazzo che io amavo si trasformò nel mio aguzzino. Fece di tutto per farmi abortire. Una sua cugina gli disse che senza far saper niente ai familiari, potevo chiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
Ma io sentivo crescere dentro di me quella vita meravigliosa e impazzivo di gioia. Lui, per paura che io parlassi con qualcuno, fece terra bruciata intorno a me. Non mi permetteva di rimanere sola con i miei amici. Con i miei genitori non avevo il coraggio di parlarne e neppure con mia sorella e mio fratello. Mi sentivo in trappola.
Così firmai la condanna a morte per mio figlio
Quando ci portarono davanti al Giudice minorile mi fu offerto di tenere il bambino. Loro avrebbero pensato a farmi trasferire in un posto sicuro per poter crescere in serenità il mio bambino. Fui tentata di accettare la paura mi fece dire di no e così firmai la condanna a morte di mio figlio. Firmarono il foglio in cui autorizzavano l’interruzione di gravidanza. Il 4 ottobre del 1989 strapparono dal mio grembo mio figlio.
Una parte di me morì con la mia creatura. Niente è mai più tornato come prima. Inizai a soffrire di depressione e per far finire quella sofferenza ho pensato tante volte al suicidio. Per soffocare il dolore facevo una vita sregolata sia in amore che con il cibo. Mi odiavo e cercavo un altro figlio per colmare il mio dolore. E il figlio, anzi la figlia arrivò quando avevo 17 anni. Ma non amavo il padre e la nostra storia finì dopo cinque mesi dalla nascita di nostra figlia.
Mi trasferii in Romagna sperando di poter riprendere, finalmente, la mia vita in mano ma mi ero illusa. Il dolore dell’aborto era sempre presente. Poi conobbi una persona che pensavo potesse lenire il mio dolore ma, ancora una volta, mi illudevo. Ebbi con lui un altro figlio che lenì un po’ il dolore che mi portavo dentro ma presto tutto ritornò a galla. Il vuoto creatosi con l’aborto non si colmava mai.
Nel 2014 mi recai in pellegrinaggio a Medjugorje e lì tutto il dolore che mi portavo dentro esplose. Riuscii a perdonare e a perdonarmi. Imparai ad amare me stessa e di conseguenza gli altri. La Madonna mi aveva stretta tra le sue braccia di Madre ed avevo sentito tutto il suo amore. La mia vita si trasformò. Certo, il dolore lancinante procuratomi dall’aver ucciso mio figlio rimane lì, come una cicatrice che non rimargina, ma adesso riesco a conviverci più serenamente.
Concludo questa mia testimonianza con una implorazione: Non uccidete mai vostro figlio con l’aborto perché insieme a lui uccidete una parte di voi stesse.
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